Nel contratto di mutuo, tutte le spese connesse all’erogazione del credito concorrono a rendere il tasso di mora usurario

La sentenza in oggetto, oltre ad offrire interessanti spunti di riflessione in materia di contenzioso relativo ai mutui bancari, costituisce un primo passo verso un’applicazione delle vigenti norme non apoditticamente attestata su posizioni, per così dire, filo-bancarie. Essa enuncia alcuni importantissimi principi di diritto, che di seguito possiamo così sintetizzare.

1) Nella verifica dell’usura rilevano anche gli interessi moratori (molte sentenze di primo grado stabiliscono esattamente il contrario);
2) Nell’eseguire detta verifica occorre considerare, oltre al tasso di mora, anche le spese che il mutuatario deve sostenere per l’erogazione del credito (spese di assicurazione, di incasso rata, di istruttoria), pacificamente incluse nel TAEG, anche secondo le istruzioni all’uopo impartite dalla Banca d’Italia;
3) Il tasso di mora va sommato a dette spese, ragion per cui, nel caso in cui il medesimo risulti nominalmente pari al TSU di riferimento, si sarà comunque in presenza di una pattuizione usuraria, atteso che qualunque possa essere, in concreto, l’incidenza di tali spese, il limite legis risulterà comunque superato.

A ben guardare, la sentenza rende ancora più incerta una questione dibattutissima in giurisprudenza ed in dottrina: quella della “famigerata” (secondo alcuni) “sommatoria”.
Ci domandiamo: se il tasso di mora va considerato e calcolato come “effettivo” (come recita testualmente la sentenza) e, per fa ciò, esso va incluso nel TAEG e va sommato alle ulteriori voci, come va considerato il tasso corrispettivo in tale operazione ? Va anch’esso incluso nella suddetta operazione ?
Come si vede, la questione appare ancora aperta ed in evoluzione, specie perchè, almeno allo stato, non sussiste un indirizzo assolutamente univoco, almeno da parte della giurisprudenza.

Una considerazione finale va fatta sulle conclusioni cui giunge il provvedimento in commento. Nella fattispecie, il Giudice ha ritenuto che l’usurarietà della clausola relativa agli interessi moratori comporti soltanto la nullità della medesima e non già la gratuità del mutuo ex art. 1815 c.c. Tale statuizione appare però in contrasto con la ratio della Legge 108/1996, che ha inteso reprimere, sotto il profilo civilistico, proprio con la sanzione della gratuità, qualunque ipotesi di pattuizione e/o dazione di interessi e/o altri vantaggi usurari.

Come si vede, le questioni restano tutte sul tappeto e, verosimilmente, solo un intervento della Suprema Corte consentirà di chiarire i troppi aspetti ancora incerti in materia di usura nei rapporti di mutuo bancario.

A cura dell’avv. Giuseppe de Simone

Il testo della Sentenza Trib. di Roma Nr. 21631-2016