Pensione per le casalinghe: ora bastano 5 anni di contribuiti per avere un assegno che garantirà uno stile di vita migliore a tanti cittadini.
In Italia, milioni di persone si dedicano ogni giorno, in modo silenzioso ma indispensabile, alla cura della casa, della famiglia, dei figli, degli anziani e dei più fragili. Un impegno costante che sostiene il benessere delle famiglie e dell’intera collettività, senza però ricevere un adeguato riconoscimento giuridico ed economico
Occuparsi della gestione familiare, cucinare, fare la spesa, accompagnare i bambini a scuola, prendersi cura dei genitori anziani o di familiari non autosufficienti è un lavoro a tutti gli effetti, che richiede capacità organizzative, energia, attenzione, e che spesso assorbe la totalità del tempo disponibile.
Pensione per le casalinghe, bastano 5 anni di contributi: a quale assegno si ha diritto
L’espressione “bonus casalinghe” appare talvolta nei titoli dei media, ma si tratta di un’etichetta fuorviante. Non esiste, infatti, un bonus unico, strutturato e universale per chi svolge attività di cura in ambito domestico. Esistono piuttosto misure frammentate e limitate che cercano di fornire un minimo sostegno, ma che non bastano a colmare il vuoto normativo e previdenziale che circonda questa categoria.

Un esempio di strumento specifico, seppur volontario e con forti limiti, è il Fondo di previdenza per casalinghe e casalinghi. Questo fondo rappresenta l’unica possibilità, per chi non svolge un’attività lavorativa retribuita, di costruirsi una pensione attraverso versamenti contributivi autonomi. Possono iscriversi uomini e donne tra i 16 e i 65 anni che si dedicano in modo continuativo alla cura della casa e della famiglia.
La partecipazione è su base volontaria e i contributi versati determinano l’ammontare della pensione futura. Tuttavia, proprio la sua natura volontaria fa sì che l’importo finale sia spesso molto basso, specie in caso di versamenti irregolari o limitati nel tempo. È prevista anche una pensione di inabilità, ma sempre in presenza di almeno cinque anni di contribuzione.
Questo strumento, pur rappresentando un primo riconoscimento istituzionale, resta insufficiente: si chiede ai soggetti economicamente più fragili di autofinanziare la propria tutela, senza alcuna forma di compartecipazione pubblica o di riconoscimento effettivo del valore sociale del loro lavoro.
Chi non ha maturato contributi previdenziali può eventualmente accedere, dopo i 67 anni, all’assegno sociale, una prestazione assistenziale che presuppone condizioni economiche di grave disagio. Nel 2025, l’assegno viene erogato in misura piena solo a chi è privo di qualsiasi reddito individuale, o ha un reddito familiare inferiore a circa 7.000 euro l’anno. Si tratta di una misura di ultima istanza, non certo di una tutela dignitosa per chi ha dedicato la propria vita alla cura gratuita degli altri.
Un’altra misura recentemente introdotta è l’Assegno di Inclusione, pensato per i nuclei familiari in difficoltà economica. In questo contesto, chi si prende cura di figli minori, persone con disabilità o anziani può essere esonerato dagli obblighi di partecipazione attiva a percorsi lavorativi o formativi, riconoscendo almeno in parte il valore del lavoro di cura.