Assegno postdatato, cosa controllare: tempi di emissione ed errori da non commettere per evitare sanzioni

L’assegno bancario è uno strumento diffuso, ma occorre prestare particolare attenzione per evitare di incorrere in sanzioni.

Tra le varie tipologie, l’assegno postdatato è certamente uno dei più discussi, in quanto si colloca in una zona grigia tra la praticità e il rischio legale. Comprendere appieno la sua natura e le implicazioni giuridiche che comporta è fondamentale per evitare sanzioni e malintesi.

L’assegno postdatato è un titolo bancario in cui la data di emissione non coincide con quella effettiva di compilazione, ma è fissata a un momento successivo. In sostanza, chi emette l’assegno stabilisce che esso potrà essere incassato solo dopo un determinato giorno.

Assegno postdatato, cosa controllare

Si tratta, quindi, di un espediente spesso utilizzato per gestire in modo più flessibile la liquidità, consentendo al debitore di pianificare il pagamento in base alle proprie disponibilità economiche future. Tuttavia, dietro questa apparente comodità si celano aspetti normativi da non sottovalutare. Infatti, il nostro ordinamento considera l’assegno un titolo pagabile a vista, cioè immediatamente esigibile, indipendentemente dalla data riportata.

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Il decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999 chiarisce che l’emissione di un assegno postdatato non costituisce un reato, ma un illecito amministrativo. In altre parole, il titolo rimane valido come strumento di pagamento, ma l’accordo tra le parti di posticiparne l’incasso non ha alcun valore giuridico.

Questo significa che, anche se l’emittente inserisce una data futura, il beneficiario può recarsi in banca e riscuotere l’assegno in qualunque momento. Non esiste, dunque, alcun obbligo legale di rispettare la data indicata, la postdatazione ha un valore puramente convenzionale.

L’assegno postdatato, per la sua natura, può essere assimilato a una promessa di pagamento futuro, avvicinandosi concettualmente alla cambiale. Tuttavia, a differenza di quest’ultima, non è soggetto all’imposta di bollo. È proprio per questo motivo che il suo utilizzo come strumento di garanzia per debiti futuri può configurare una forma di evasione fiscale.

Per sanare tale irregolarità, la legge prevede la possibilità di regolarizzare l’assegno versando l’imposta proporzionale prevista per le cambiali, pari al 12 per mille dell’importo riportato sul titolo. Omettere questo versamento può comportare ulteriori sanzioni amministrative, variabili in base alla gravità dell’infrazione e all’eventuale recidiva.

Un altro aspetto critico riguarda la copertura del conto corrente. Se il beneficiario presenta all’incasso un assegno postdatato prima della data indicata e sul conto dell’emittente non vi sono fondi sufficienti, quest’ultimo si espone a conseguenze.

Sul piano amministrativo, il pagamento di un assegno scoperto comporta una sanzione pecuniaria che va da 516 a 3.099 euro, con un possibile raddoppio fino a 6.197 euro per importi superiori a 10.329 euro o in caso di recidiva. Nei casi più gravi, in cui l’emissione avviene con la consapevolezza della mancanza di fondi, può configurarsi addirittura il reato di truffa aggravata, come stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 33441 del 29 luglio 2015.

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