Il dibattito sulle pensioni anticipate in Italia continua a essere al centro dell’attenzione con la recente riforma introdotta dal Governo nella Manovra economica 2026.
Dopo le prime indiscrezioni che avevano fatto temere un taglio drastico ai contributi riscattabili per il periodo di studi universitari, si è registrato un importante dietrofront da parte dell’Esecutivo, che ha deciso di cancellare la norma più penalizzante sul riscatto della laurea triennale. Tuttavia, restano valide altre modifiche significative, in particolare l’allungamento delle cosiddette “finestre mobili” per l’uscita anticipata dal lavoro.
Riscatto della laurea e novità sulla finestra mobile
Inizialmente, il maxi-emendamento alla Manovra aveva previsto un inasprimento progressivo delle penalizzazioni per il riscatto della laurea triennale, con un taglio fino a 30 mesi di contributi riscattati a partire dal 2035. Nel dettaglio, la decurtazione sarebbe stata graduale: 12 mesi dal 2032, 18 mesi dal 2033, 24 dal 2034 e 30 mesi dal 2035. Questa misura aveva scatenato forti reazioni, anche all’interno della Maggioranza, in particolare dalla Lega, che si era detta contraria a penalizzare chi ha già riscattato gli anni di studio.
La Premier Giorgia Meloni ha preso posizione pubblicamente dichiarando che nessuno che ha già riscattato la laurea vedrà modificata la propria posizione e che eventuali cambiamenti saranno applicati solo per il futuro. A seguito di queste pressioni e delle proteste, il Governo ha deciso di eliminare la disposizione che prevedeva il taglio dei contributi riscattati per il periodo universitario.
Resta invece confermato l’allungamento delle finestre mobili per l’accesso alla pensione anticipata. Attualmente, chi matura i requisiti deve attendere tre mesi prima di percepire l’assegno previdenziale, mentre con la riforma, questa finestra si estenderà a quattro mesi per chi raggiunge i requisiti nel 2032 e 2033, a cinque mesi nel 2034 e a sei mesi nel 2035. Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha precisato che si tratta di un intervento necessario per la sostenibilità del sistema pensionistico, ma che potrà essere rivisto in futuro a seconda delle necessità e delle condizioni economiche.
La riforma cambia in modo significativo anche i requisiti per il pensionamento anticipato. Dal 2036, serviranno 44 anni e due mesi di contributi per i lavoratori, mentre per le lavoratrici la soglia sarà leggermente inferiore: 43 anni e due mesi, considerando anche la finestra mobile di sei mesi. Questo significa che la pensione anticipata sarà accessibile solo a chi ha iniziato a lavorare prima dei 23 anni.
Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, la nuova normativa stabilisce che chi avrà compiuto 67 anni e 10 mesi a gennaio 2036 potrà accedere al pensionamento, a patto di essere nato prima di marzo 1967. Questo allungamento dell’età pensionabile risponde alla necessità di adeguare i requisiti all’aspettativa di vita e alla sostenibilità del sistema previdenziale pubblico.

Nel caso di carriere interamente contributive, ovvero per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995, la pensione anticipata potrà essere raggiunta già nel 2035, ma solo se si rispettano alcune condizioni più stringenti. Tra queste, un reddito pensionistico minimo pari ad almeno 3,2 volte l’assegno sociale (circa 1.723 euro mensili nel 2025), un’età minima di 64 anni e 10 mesi, almeno 30 anni di contributi versati (oggi sono sufficienti 25) e una finestra mobile di sei mesi. Per le donne con figli, la soglia reddituale per accedere alla pensione anticipata è ridotta: 2,8 volte l’assegno sociale per chi ha un figlio e 2,6 volte per chi ne ha due o più.
La riforma ha anche delineato scenari futuri per l’accesso alla pensione anticipata nei decenni a venire. Nel 2070, per esempio, saranno necessari 46 anni di contributi e una finestra mobile di sei mesi per poter andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica. Questo significa che chi inizierà a lavorare nel 2023 potrà utilizzare questa forma di pensionamento solo nel 2069, una volta maturati i 46 anni di contributi e superati i 70 anni e due mesi di età.
Per i lavoratori nati all’inizio degli anni ’80, che quindi vantano una carriera lavorativa di 15-20 anni, la pensione di vecchiaia arriverà nel 2049 al raggiungimento dei 68 anni e 11 mesi, mentre la pensione anticipata sarà possibile nel 2045 o all’inizio del 2046 dopo aver versato 44 anni e cinque mesi di contributi, più sei mesi di finestra mobile. Per questi soggetti, l’accesso all’anticipata richiederà, inoltre, un importo pensionistico pari ad almeno 3,2 volte l’assegno minimo e almeno 30 anni di contributi versati; per le donne, basterà un anno di contributi in meno.
La complessità delle nuove regole evidenzia come il sistema pensionistico italiano stia attraversando una fase di profonda trasformazione, con l’obiettivo di garantire la sostenibilità finanziaria nel lungo termine, ma anche di tutelare alcune categorie specifiche, come le donne con figli e i lavoratori con carriere contributive complete. Nel frattempo, i lavori parlamentari sulla Manovra proseguono con attenzione, con la commissione Bilancio del Senato che ha sospeso le sedute per approfondire le ultime modifiche, mentre la maggioranza si confronta per definire i dettagli definitivi delle nuove norme pensionistiche.