Come agire quando si possiede un immobile che si vuole vendere ma non ci sono proposte d’acquisto?
Le difficoltà nel vendere un immobile sono un problema diffuso in molte aree d’Italia, soprattutto in contesti rurali, borghi spopolati o quartieri periferici con immobili datati o da ristrutturare. Quando il classico cartello “vendesi” resta appeso per anni senza telefonate e le agenzie immobiliari non trovano acquirenti, i proprietari si trovano spesso a dover affrontare un peso economico e gestionale che può diventare insostenibile.
Tra imposte, tasse, bollette e costi di manutenzione, la proprietà può trasformarsi in un vero e proprio “pozzo senza fondo”. Fortunatamente, l’ordinamento giuridico italiano offre diverse strategie per gestire immobili invendibili, trasformando un problema in una possibile opportunità.
Casa che nessuno vuole comprare, cosa puoi farci: tutte le soluzioni legali
Una delle soluzioni più drastiche e definitive per liberarsi degli oneri legati a un immobile è la donazione (art. 769 Codice Civile). Con questo contratto, il proprietario cede gratuitamente la proprietà a un altro soggetto che, oltre a diventare titolare dell’immobile, assume tutti gli oneri connessi, come il pagamento dell’IMU, le spese di manutenzione e le responsabilità civili in caso di danni a terzi.

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I beneficiari della donazione possono essere privati, ma anche enti pubblici come i Comuni o enti del terzo settore (associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato) che potrebbero destinare l’immobile a finalità sociali, culturali o di edilizia residenziale. La donazione, pertanto, rappresenta una scelta definitiva per tagliare i ponti con un bene che è diventato un fardello.
In alternativa, se l’immobile è ancora abitabile, ma invendibile o difficilmente affittabile, il proprietario può optare per il comodato d’uso gratuito (art. 1803 Codice Civile). Con questo contratto, il proprietario concede a un comodatario il diritto di utilizzare l’immobile senza canone per un periodo determinato o indeterminato. Il comodatario si fa carico generalmente delle utenze, della tassa sui rifiuti (TARI) e delle spese di manutenzione ordinaria, alleggerendo notevolmente il proprietario.
Questa soluzione permette di mantenere la proprietà ma scarica i costi di gestione, garantendo la cura dell’immobile e prevenendo il degrado. È una scelta molto diffusa soprattutto in ambito familiare, ad esempio tra genitori e figli, dove è importante sottolineare che la giurisprudenza ha chiarito che il comodato tipico non costituisce donazione e quindi non rientra nella collazione ereditaria.
Uno degli oneri più gravosi per i proprietari di immobili invenduti e fatiscenti è il pagamento dell’Imposta Municipale Unica (IMU). Tuttavia, la legge consente di ottenere l’esenzione modificando la classificazione catastale dell’immobile a unità collabente (categoria F/2), riservata a fabbricati in stato di rovina o che non siano più utilizzabili.
La procedura richiede una pratica al Catasto corredata da una perizia tecnica che attesti la condizione di degrado, e determina la perdita della rendita catastale con conseguente esenzione dall’IMU.
Se si sceglie invece di procedere alla demolizione volontaria, prevista dal DPR 380/2001 (Testo Unico Edilizia), si elimina fisicamente il fabbricato con conseguente cancellazione dal Catasto e fine di ogni obbligo fiscale e gestionale. La demolizione può essere realizzata con una SCIA o permesso di costruire, a seconda dell’intervento, e può essere richiesta anche una ordinanza comunale in caso di pericolo accertato per la pubblica incolumità.
La demolizione libera l’area che può avere un valore commerciale come terreno edificabile o agricolo, eliminando tutti i problemi connessi all’immobile degradato.
Una svolta importante arriva dalla sentenza storica della Cassazione a Sezioni Unite n. 23093 del 2025, che ha riconosciuto la piena validità della rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare (art. 827 Codice Civile).
Si tratta di un atto unilaterale non recettizio, con cui il proprietario può rinunciare definitivamente alla proprietà di un immobile, senza necessità di autorizzazioni o accettazioni da parte di terzi. In questo modo, il bene diventa automaticamente di proprietà dello Stato, che non può opporsi all’acquisto.
È una soluzione che permette di liberarsi di immobili divenuti antieconomici, gravati da vincoli o privi di valore commerciale, trasformando la proprietà da condanna a diritto disponibile.
L’atto deve essere redatto in forma pubblica davanti a un notaio e trascritto nei registri immobiliari. Restano però fuori i casi in cui esistono obblighi pubblici, come la bonifica ambientale, che non si cancellano con la rinuncia. Le responsabilità pregresse, come tributi o danni, restano a carico del rinunciante.