Con il Bonus Pos, istituito dal Governo, si possono recuperare cifre importanti. Ecco le misure che interessano i cittadini italiani
Con l’adozione dei pagamenti elettronici sempre più diffusa, gli esercenti e i liberi professionisti si trovano ad affrontare un nuovo tipo di spesa: le commissioni sulle transazioni tramite POS. Sebbene queste modalità di pagamento siano ormai parte della vita quotidiana, il loro costo può essere un peso per chi gestisce un’attività, riducendo i margini di guadagno.
Per alleviare questo onere, il Governo ha introdotto il Bonus POS, un incentivo fiscale che permette di recuperare fino al 30% delle commissioni sulle transazioni effettuate con carte di credito, debito e altri strumenti elettronici. Ma come funziona esattamente questo credito d’imposta? Chi può beneficiarne? E quali sono gli adempimenti necessari?
L’obiettivo del Governo: promuovere i pagamenti tracciabili
Il pagamento elettronico è diventato un mezzo fondamentale non solo per semplificare le transazioni, ma anche per combattere l’evasione fiscale. A differenza dei pagamenti in contante, i pagamenti elettronici sono facilmente tracciabili, il che consente alle autorità fiscali di monitorare con maggiore precisione i flussi di denaro. Per incentivare l’uso di queste modalità, il Governo ha deciso di estendere l’obbligo di accettare pagamenti con POS anche a partire dal 1° gennaio 2026, quando si renderà obbligatorio collegare il terminale di pagamento al registratore di cassa.

Tuttavia, se da un lato i pagamenti elettronici favoriscono il controllo fiscale, dall’altro comportano un costo fisso per gli esercenti. Per questo motivo, il Bonus POS è diventato uno strumento fondamentale per molte piccole e medie imprese e liberi professionisti, che possono così ridurre l’impatto delle commissioni sui loro bilanci.
Introdotto nel 2019 con il decreto fiscale, il Bonus POS offre un credito d’imposta sulle commissioni pagate per le transazioni elettroniche. Fino al 2020, l’agevolazione copriva il 100% delle spese per i pagamenti con carta, ma dopo la pandemia l’aliquota è stata ridotta al 30%.
Tuttavia, non tutti gli operatori economici possono beneficiare di questo credito. Possono accedere al Bonus POS solo i professionisti e le imprese con ricavi o compensi fino a 400.000 euro nell’anno precedente. In pratica, questa misura è destinata a supportare le piccole attività, mentre le imprese più grandi ne sono escluse.
Il credito maturato per le commissioni POS può essere utilizzato in compensazione già dal mese successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi. Per fare ciò, bisogna inserire il codice tributo 6916 nel modello F24, nella sezione “Erario”, e nella colonna destinata agli importi compensati. Se, invece, si deve restituire una parte del credito, si utilizza la colonna per gli “importi a debito versati”.
Inoltre, il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi, nel modello Redditi. I dettagli vanno riportati nel quadro RU, utilizzando il codice “H3” per l’importo maturato, utilizzato e residuo, e il codice aiuto 58 nel rigo RS401.
È importante notare che il Bonus POS rientra nel regime “de minimis” stabilito dall’Unione Europea, che permette agli Stati membri di erogare aiuti economici alle piccole imprese senza necessità di approvazione preventiva da parte della Commissione Europea. Tuttavia, c’è un limite al valore degli aiuti concessi: le imprese non possono ricevere più di 300.000 euro di aiuti nell’arco di tre anni. Questo importo è stato aumentato rispetto al precedente limite di 200.000 euro a partire dal 2024.