Con l’avvicinarsi del 2026, si delineano importanti novità, con bonus che superano i 360 euro annui, destinati a migliorare il reddito di molti italiani.
Le modifiche più rilevanti sono contenute nella recente manovra finanziaria, che potenzia il cosiddetto incremento al milione, una maggiorazione pensata per sostenere i pensionati più anziani o in condizioni economiche svantaggiate.
L’incremento al milione è una maggiorazione che si aggiunge alla pensione per alcune categorie di beneficiari, quali titolari di pensioni di vecchiaia, invalidità, reversibilità o di prestazioni assistenziali. Per accedervi, è necessario rispettare tre requisiti fondamentali:
- Requisito anagrafico: il pensionato deve aver compiuto 70 anni, con possibilità di riduzione di un anno ogni cinque anni di contribuzione, fino a un massimo di cinque anni. Per gli invalidi civili totali, è sufficiente aver raggiunto la maggiore età.
- Condizione economica: il pensionato deve trovarsi in uno stato di difficoltà economica, con redditi personali entro specifiche soglie.
- Limiti reddituali: per il 2025, il reddito personale non deve superare 9.721,92 euro annui, mentre per i pensionati coniugati il limite sale a 16.724,89 euro.
Dal 1° gennaio 2026, grazie a un intervento specifico della manovra, l’importo dell’incremento al milione aumenterà di 20 euro al mese, mentre la soglia di reddito utile per accedere al beneficio crescerà di 260 euro all’anno. Ciò significa che, dopo l’adeguamento ordinario, che nel 2026 porterà la pensione minima a circa 611,85 euro mensili, la maggiorazione potrà raggiungere i 156,44 euro al mese, con un importo complessivo che sfiora i 770 euro.
Va sottolineato che chi usufruisce di questa maggiorazione non potrà beneficiare della rivalutazione straordinaria, poiché le due misure non sono cumulabili. Tuttavia, l’incremento al milione offre un vantaggio economico superiore rispetto alla rivalutazione aggiuntiva dell’1,5%.
Rivalutazione ordinaria e straordinaria delle pensioni per il 2026
Oltre all’incremento al milione, la normativa prevede due tipi di rivalutazione delle pensioni: quella ordinaria e quella straordinaria. La prima è un adeguamento periodico che tiene conto dell’inflazione, al fine di preservare il potere d’acquisto degli assegni pensionistici.
L’adeguamento si basa sugli indici ISTAT dei prezzi al consumo, con un tasso di rivalutazione “provvisorio” comunicato dal Governo ogni anno. Questo tasso viene applicato agli assegni pensionistici e successivamente rettificato dall’INPS sulla base dei dati definitivi, per garantire una corrispondenza precisa tra inflazione reale e adeguamento pensionistico.
Per il 2026, l’indice provvisorio è stato fissato all’1,4%, sufficiente a far salire la pensione minima attuale, che si attesta a 603,40 euro, a oltre 611 euro al mese. L’aumento mensile è quindi di circa 8 euro, che su base annua si traduce in quasi 109 euro in più per i pensionati.
La rivalutazione straordinaria, invece, è un adeguamento aggiuntivo destinato a chi percepisce assegni inferiori al trattamento minimo. Nel 2026, questa rivalutazione sarà meno consistente rispetto all’anno precedente: la percentuale passa dal 2,2% all’1,5%. Applicata sull’importo già rivalutato (circa 611,85 euro), questa misura porterà l’assegno mensile a 621,03 euro, con un incremento annuale complessivo superiore a 229 euro.

Le novità previste per il 2026 rappresentano un importante passo avanti nel supporto economico ai pensionati in condizioni di vulnerabilità. L’innalzamento della soglia reddituale per l’accesso all’incremento al milione e l’aumento della maggiorazione mensile di 20 euro consentiranno a più persone di beneficiare di un sostegno più consistente.
Inoltre, l’adeguamento ordinario garantisce un aggiornamento delle pensioni che riflette l’inflazione, mantenendo il potere d’acquisto degli assegni e aiutando i pensionati a fronteggiare l’aumento del costo della vita. Anche se la rivalutazione straordinaria scende rispetto all’anno passato, rimane comunque una misura importante per chi ha pensioni molto basse.
Queste misure si inseriscono in un quadro normativo che punta a tutelare le fasce più deboli della popolazione pensionistica, in un contesto economico e sociale che richiede interventi mirati per garantire dignità e sicurezza economica agli anziani e ai soggetti con disabilità.