La Cassazione semplifica le cause per rumori molesti in condominio: ora bastano testimonianze e interventi delle forze dell’ordine, senza più obbligo di perizia tecnica.
Un’importante svolta nel diritto condominiale e penale arriva dalla Corte Suprema di Cassazione, che con la recente sentenza n. 32043/2025 ha drasticamente semplificato le modalità di accertamento delle controversie per disturbo della quiete pubblica all’interno dei condomini. La decisione, emessa dalla Terza Sezione Penale, segna un passo decisivo verso l’eliminazione della complessa e spesso onerosa burocrazia che finora caratterizzava queste dispute, consentendo una gestione più rapida e snella dei casi di rumori molesti.
Nuove regole per la gestione delle liti condominiali
Nel dettaglio, la Corte ha stabilito che non è più obbligatoria la perizia fonometrica per accertare il disturbo della quiete pubblica in ambito condominiale. Fino a oggi, questa misurazione tecnica era spesso richiesta per dimostrare la presenza di rumori molesti come musica ad alto volume, schiamazzi notturni o rumori di animali, con conseguenti lunghe attese e oneri economici per chi subiva il disagio.
Ora, secondo il pronunciamento della Cassazione, sono sufficienti le testimonianze dirette degli abitanti e i riscontri delle forze dell’ordine per accertare il reato previsto dall’articolo 659 del codice penale, che punisce chiunque turbi la quiete pubblica attraverso rumori molesti. La sentenza chiarisce che il criterio fondamentale è la “diffusività e percettibilità” del rumore, che deve essere tale da raggiungere un pubblico indeterminato, e non limitarsi al fastidio di un singolo individuo particolarmente sensibile.
In un caso emblematico, l’imputato era stato condannato per aver generato musica ad alto volume durante le ore notturne, disturbando il riposo degli inquilini al piano sottostante. La Cassazione ha ritenuto che la prova fornita da testimonianze e rilievi delle forze dell’ordine, che avevano documentato la situazione, fosse pienamente sufficiente, respingendo la richiesta della difesa di effettuare una perizia fonometrica.

Il principio ribadito dalla Corte è che la tutela riguarda la quiete pubblica e non il solo riposo individuale: non serve dimostrare che più persone siano state disturbate, bensì che la condotta sia idonea a ledere una pluralità di soggetti. Questo rappresenta una conferma dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, ora applicato con maggiore decisione nel contesto degli spazi condivisi condominiali, alla luce anche dell’evoluzione normativa sull’inquinamento acustico.
Adesso, chi subisce rumori molesti non dovrà più sostenere l’onere economico di una costosa perizia fonometrica. Testimonianze, segnalazioni e interventi delle forze dell’ordine assumono un ruolo centrale nell’accertamento del disturbo. Gli amministratori condominiali potranno avviare procedure di mediazione più rapide, mentre la documentazione precisa dei rumori da parte degli agenti fornirà un supporto probatorio decisivo.
Per chi produce i rumori, non sarà più sufficiente sostenere che le lamentele provengano da un solo vicino; se la condotta è capace di disturbare più persone, il reato è configurabile. In tal senso, è consigliato annotare con cura giorni, orari e durata dei rumori, raccogliere testimonianze, informare l’amministratore e, se necessario, coinvolgere le forze dell’ordine. Solo in casi controversi potrà essere valutato un eventuale accertamento tecnico, anche se non obbligatorio.