Presentazione
Il Garante per la privacy ha adottato specifiche Linee guida sull’informazione giuridica, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2011.
Il Garante ha predisposto le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica”, – con l’obiettivo di fornire orientamenti utili a quanti svolgono attività di riproduzione di sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica -, al fine di garantire il rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali ai sensi del d. lg. 30 giugno 2003, n. 196.
Ne diamo conto in estrema sintesi.
Dall’ambito di applicazione delle linee guida sono esclusi
* i trattamenti effettuati presso gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, “per ragioni di giustizia”, vale a dire i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie (art. 47, comma 2, del Codice);
* i trattamenti effettuati nell’esercizio dell’attività giornalistica, disciplinata da specifiche disposizioni sulla protezione dei dati personali (artt. 136 e ss. del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, provv. del Garante 29 luglio 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 agosto 1998, n. 179).
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale.
La conoscenza di tali provvedimenti può essere realizzato, in primo luogo, dalla stessa Autorità giudiziaria “anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet”, osservando alcune cautele previste dallo stesso Codice (art. 52, commi da 1 a 6), volte alla tutela dei diritti e della dignità degli interessati. Nel rispetto della cautela è anche “ammessa la diffusione del contenuto, anche integrale, di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali” (art. 52, comma 7).
Quanto alla procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali, l’art. 52 pone alcune cautele alla loro libera diffusione; in particolare, prevede una particolare procedura attraverso la quale ogni interessato può chiedere, on istanza depositata presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario, che le sue generalità e ogni altro dato idoneo a identificarlo siano omessi in caso di riproduzione del provvedimento.
Sono legittimati a inoltrare la richiesta non solo le parti di un giudizio civile, o l’imputato in un processo penale, ma anche qualsiasi altro soggetto reso identificabile nel provvedimento attraverso l’indicazione delle generalita’ o di altri dati identificativi.
Tuttavia la richiesta è sottoposta ad alcune condizioni e limiti:
* deve essere rivolta all’ufficio giudiziario procedente, davanti al quale si svolge il giudizio, mediante il suo deposito nella cancelleria o segreteria giudiziaria “prima che sia definito il relativo grado di giudizio” (cioè, a procedimento in corso);
* deve contenere l’esplicita istanza che la cancelleria o la segreteria riportino, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione che specifichi che in caso di riproduzione del provvedimento non può essere riportata l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del richiedente;
* deve essere espressamente motivata: in essa l’interessato deve specificare i “motivi legittimi” che la giustificano.
Circa la competenza a decidere sulla richiesta (art. 52, comma 2), essa spetta all’Autorità giudiziaria presso cui pende il giudizio e che deve pronunciare la sentenza o adottare il provvedimento. La decisione assume la forma di un decreto, riportato in calce all’istanza. Ovviamente, in caso di rigetto della richiesta, nessuna annotazione va apposta sull’originale del provvedimento.
In determinati casi – specificati nelle Linee guida – l’anonimizzazione può essere disposta d’ufficio, cioè senza richiesta di parte. La salvaguardia, infatti, dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità non pregiudica la finalità di informazione giuridica, che il Codice intende salvaguardare, ma può essere necessaria, nell’ottica di un corretto bilanciamento dei diversi interessi, per tutelare la sfera di riservatezza degli interessati.
In rapporto al divieto di diffusione dei provvedimenti (art. 52, comma 4), i primi tre commi dell’art. 52 descrivono la procedura finalizzata all’apposizione dell’annotazione volta all’omissione dei dati.
La prescrizione è rivolta in primo luogo all’Autorità giudiziaria ed anche a tutti gli altri soggetti, terzi rispetto all’Autorità giudiziaria, che svolgono attività di diffusione dei provvedimenti per finalità di informazione giuridica.
Il comma 5 dell’art. 52 del Codice pone uno specifico, ulteriore, divieto di diffusione dei dati dei minori e delle parti nei procedimenti giudiziari in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone. La norma impone di omettere non solo le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti tutelati, ma anche gli “altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità” di tali soggetti.
I soggetti tutelati sono i minori coinvolti in qualunque tipo di procedimento giudiziario e le parti, limitatamente ai procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato civile delle persone (quali, ad esempio: matrimonio e sue vicende, filiazione, adozione, ordini di protezione contro gli abusi familiari, azioni di stato, richieste di rettificazione di sesso).
La tutela in esame si aggiunge a quella prevista dall’art. 734-bis c.p. (“Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale”), che punisce chiunque divulghi, nell’ambito di determinati delitti a sfondo sessuale (soprattutto, ma non solo, relativi a minori), anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso.
Per finire, il lodo: il comma 6 dell’art. 52 estende le altre disposizioni dell’articolo “anche in caso di deposito del lodo ai sensi dell’art. 825 del codice di procedura civile”.
Si applica, quindi, anche a tale particolare pronuncia la procedura di anonimizzazione dei provvedimenti, con le regole poste riguardo alla presentazione della richiesta dall’interessato (comma 1), alla decisione degli arbitri, anche d’ufficio (comma 2), all’apposizione dell’annotazione (comma 3), e al divieto di diffusione (comma 4), oltre che, ovviamente, il divieto ex lege di cui al comma 5.
Fonte: Garante per la protezione dei dati personali
Tratto da governo.it.
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