Riscatto di laurea, i più colpiti sono i nati in questo anno: cosa cambia dal 2026

Le nuove misure su pensioni, riscatto laurea e TFR nella Legge di Bilancio 2026 dividono la maggioranza: confronto acceso in Senato, decisione finale attesa entro fine anno

La discussione sulla Legge di Bilancio 2026 in Commissione Bilancio al Senato ha visto emergere importanti novità in materia di pensioni, con particolare attenzione ai meccanismi di uscita anticipata dal lavoro, al riscatto della laurea e alla gestione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Tuttavia, dopo un acceso dibattito politico e interventi della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, molte delle misure previste sembrano essere state sospese o modificate in vista dell’approvazione definitiva.

Le modifiche sulle pensioni anticipate e il riscatto della laurea

Un emendamento chiave presentato il 17 dicembre 2025 puntava a rendere più complesso l’accesso alla pensione anticipata, introducendo due principali interventi. Il primo riguardava la riduzione del valore del riscatto della laurea triennale e di diplomi universitari assimilati (previsti dalla legge 341/1990 e successive riforme), penalizzando i lavoratori che intendono utilizzare questi anni per anticipare il pensionamento.

Riscatto di laurea, i più colpiti
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A partire dal 2031, la quota di contribuzione riscattata che non verrà più conteggiata ai fini del requisito anagrafico aumenterà gradualmente fino a raggiungere i 30 mesi dal 2035. Ciò significa che, ad esempio, su un riscatto di tre anni, solo sei mesi verranno considerati per anticipare la pensione, rallentando così l’uscita dal lavoro per chi ha investito nel riscatto universitario.

Il secondo intervento puntava ad allungare le cosiddette finestre di decorrenza per la pensione anticipata, cioè i tempi di attesa tra il raggiungimento dei requisiti contributivi e l’effettiva erogazione del trattamento pensionistico. Attualmente fissata a tre mesi, la finestra sarebbe stata progressivamente estesa a quattro mesi nel 2032-2033, a cinque mesi nel 2034 e a sei mesi dal 2035 in poi. Questa misura, fortemente raccomandata da istituti di controllo come Bankitalia e Corte dei Conti, mira a contenere la spesa previdenziale spostando in avanti l’accesso alle pensioni anticipate.

Silenzio-assenso per il TFR e reazioni politiche

Un’altra novità importante riguarda il meccanismo del silenzio-assenso per il versamento del TFR nei fondi pensione complementari. Dal 1° luglio 2026, per i lavoratori del settore privato neoassunti (esclusi i lavoratori domestici), il TFR sarà automaticamente destinato al fondo pensione indicato dai contratti collettivi, salvo esplicita rinuncia entro 60 giorni. Questa misura punta a incentivare la previdenza integrativa, favorendo un maggior afflusso di risorse ai fondi pensione.

Tuttavia, queste proposte hanno incontrato forti resistenze politiche. La presidente Meloni, intervenuta il 17 dicembre al Senato durante la sua relazione sul Consiglio europeo, ha chiarito che le norme non potranno avere effetto retroattivo e dovranno riguardare solo i versamenti futuri, smorzando così parte delle preoccupazioni sollevate. Contestualmente, la Lega ha manifestato contrarietà agli emendamenti previdenziali, evocando addirittura scenari di crisi di governo o le dimissioni del ministro Giorgetti, esponente del partito.

Alla luce di queste tensioni, le modifiche relative all’allungamento delle finestre per i pensionamenti anticipati, al taglio del riscatto laurea, al silenzio-assenso per il TFR e all’ampliamento delle imprese obbligate a versare all’INPS sembrano oggi sospese o da rivedere. Rimane dunque incerta la forma definitiva della riforma pensionistica nella manovra 2026, la quale dovrà essere approvata entro il 31 dicembre, con tempi sempre più stringenti.

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