Per chi è nato nel 1970 il traguardo della pensione non è più così lontano: le ultime novità aprono scenari davvero interessanti
Andare in pensione è la meta a cui ambiscono la maggior parte dei lavoratori, soprattutto quelli che sono entrati nel mondo del lavoro molto giovani. Chi è nato nel 1970 oggi ha 55 anni e, nella maggior parte dei casi, una lunga carriera alle spalle. Molti hanno iniziato a lavorare a fine anni Ottanta o nei primi Novanta, quando ancora non si parlava di riforme Fornero e pensioni flessibili. Oggi, dopo quasi quarant’anni di contributi, la meta sembra vicina, ma le regole — tra requisiti anagrafici, contributivi e nuove misure — restano tutt’altro che semplici.
Negli ultimi anni il sistema previdenziale italiano ha subito continui aggiustamenti: quote, scivoli, finestre mobili e formule miste che rendono difficile capire quando e come si potrà davvero smettere di lavorare. Eppure, per la generazione del 1970, ci sono spiragli interessanti. Le ultime novità permettono infatti di avvicinarsi alla pensione con qualche anno di anticipo, sfruttando strumenti che spesso vengono sottovalutati, come la Naspi o i contributi figurativi.
Molti lavoratori nati nel 1970 hanno già raggiunto i 38 anni di versamenti. Non è ancora abbastanza per l’uscita anticipata, ma è un traguardo importante che apre la strada a strategie intelligenti per colmare il gap residuo. L’obiettivo è arrivare ai 42 anni e 10 mesi di contributi previsti per la pensione anticipata ordinaria — e farlo senza dover attendere i 67 anni della pensione di vecchiaia.
Come si raggiunge prima il requisito contributivo
Chi ha perso il lavoro o ha aderito a un esodo aziendale può contare su un alleato prezioso: la Naspi, l’indennità di disoccupazione che copre fino a 24 mesi. Durante questo periodo, anche se non si lavora, i contributi continuano a maturare grazie ai cosiddetti contributi figurativi. In pratica, lo Stato versa al posto del lavoratore una quota che viene conteggiata sia per il diritto alla pensione sia per il calcolo dell’assegno finale.

È un meccanismo che può davvero fare la differenza. Chi ha già 38 anni di contributi e usufruisce per due anni della Naspi può avvicinarsi rapidamente ai 40. Se, in seguito, trova un impiego temporaneo o avvia una piccola attività come autonomo — anche in regime forfettario — può continuare ad accreditare versamenti e raggiungere il requisito pieno in meno tempo del previsto.
Per chi ha deciso di abbracciare quest’ultima opzione, può essere una soluzione utile per non interrompere la carriera contributiva. Anche pochi mesi di attività, se ben pianificati, contribuiscono ad avvicinare l’obiettivo. In alternativa, è possibile richiedere all’INPS di versare contributi volontari, così da non perdere anni preziosi in caso di disoccupazione o inattività. Molti lavoratori sfruttano un mix di queste possibilità: esodo incentivato, Naspi per due anni e successivo lavoro autonomo per mantenere la copertura contributiva fino al raggiungimento dei 43 anni circa.
Tuttavia è necessario prendere in considerazione i casi particolari: chi ha cominciato a lavorare prima del 1996 rientra nel sistema misto, e quindi non può accedere ad alcune agevolazioni riservate ai “contributivi puri”. Inoltre, le pensioni anticipate per lavori usuranti o gravosi valgono solo in condizioni specifiche, da dimostrare con documentazione dettagliata. In ogni caso, la regola generale è chiara: per un nato nel 1970 con 38 anni di contributi oggi, la pensione anticipata è a portata di mano, con un orizzonte di circa quattro o cinque anni. E con una pianificazione previdenziale accurata — magari con l’aiuto di un patronato — è possibile ridurre ancora i tempi, sfruttando ogni mese utile di contributi figurativi o volontari.