Se non paghi il condominio posso staccarti l’acqua: non serve l’assemblea. Decide l’amministratore

Chi non paga il condominio da più di sei mesi rischia concretamente di vedersi sospendere alcuni servizi, e l’amministratore può agire senza chiedere il parere dell’assemblea.

Condominio e servizio dell’acqua. Tenendo conto che l’acqua è un bene prezioso per la sopravvivenza dell’essere umano, questo accostamento suona a dir poco fuori luogo. Può sembrare una misura estrema, ma la legge è chiara: se non paghi le spese condominiali per più di sei mesi, l’amministratore può sospenderti alcuni servizi, come l’acqua calda o il riscaldamento. E non serve neppure il consenso dell’assemblea. 

Una recente ordinanza del Tribunale di Perugia ha confermato questo potere, stabilendo che l’amministratore può anche chiedere al giudice il permesso di entrare nell’abitazione del moroso per chiudere le valvole di erogazione, se queste si trovano all’interno dell’appartamento.

È un caso destinato a fare scuola, perché tocca un tema che riguarda migliaia di condomìni in Italia: come gestire chi non paga senza penalizzare gli altri. Il condominio, infatti, è una piccola comunità economica, e quando un condomino non versa la sua quota, gli altri finiscono per dover coprire le spese comuni, creando tensioni e ingiustizie.

Il potere dell’amministratore: nessun voto dell’assemblea

La normativa, in realtà, da tempo dà strumenti efficaci agli amministratori per evitare che la morosità diventi un peso collettivo. Ma fino ad oggi restava un dubbio pratico: cosa succede se, per staccare l’acqua o il riscaldamento, bisogna entrare in casa del moroso? L’ordinanza di Perugia risponde proprio a questo punto, fornendo un precedente importante.

 misura che tutela i condòmini virtuosi
Una misura che tutela i condòmini virtuosi, evitando che la morosità di pochi pesi sull’intera comunità condominiale – diritto

L’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che l’amministratore può sospendere i servizi “suscettibili di godimento separato” ai condomini che non pagano da oltre sei mesi. In parole semplici, significa che può interrompere l’erogazione di quei servizi che possono essere distinti tra un appartamento e l’altro, come l’acqua calda o il riscaldamento centralizzato, ma non può toccare quelli comuni a tutti, come l’ascensore o la luce delle scale.

Questa facoltà non richiede l’autorizzazione dell’assemblea condominiale né un provvedimento del giudice. L’amministratore, però, deve agire con cautela e solo se esistono i presupposti previsti dalla legge: cioè una morosità superiore ai sei mesi e un servizio tecnicamente “separabile”. Se sospende un servizio senza rispettare queste condizioni, ne risponde personalmente.

Nel caso esaminato dal Tribunale di Perugia, l’amministratore di un condominio voleva sospendere l’acqua calda e il riscaldamento a una condomina che non pagava da molto tempo. Il problema? Le valvole per interrompere il flusso si trovavano all’interno dell’appartamento della morosa. Quindi, per poter eseguire la sospensione, serviva entrare nella sua abitazione — un luogo protetto dal diritto all’inviolabilità del domicilio.

L’amministratore ha chiesto allora al giudice un’autorizzazione specifica, non per decidere se poteva staccare l’acqua (questo diritto gli spettava già per legge), ma per ottenere il permesso di entrare nell’immobile e agire tecnicamente. Il Tribunale gli ha dato ragione: ha riconosciuto che la misura era necessaria per tutelare il condominio e ha ordinato alla condomina di consentire l’accesso ai tecnici incaricati, limitatamente al tempo e agli spazi necessari per chiudere le valvole.

Eppure la decisione del giudice si basa su un principio di equità: chi paga puntualmente non può subire le conseguenze di chi non lo fa. Se i morosi restano impuniti, il condominio rischia di non riuscire a saldare le bollette con i fornitori e, in certi casi, anche chi è in regola può essere chiamato a coprire i debiti altrui. L’ordinanza di Perugia, quindi, tutela i cosiddetti “condòmini virtuosi”, riconoscendo all’amministratore il diritto – e il dovere – di agire per evitare che l’intera comunità condominiale subisca danni economici.

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