Addio shopping online: dal 2026 prezzi alle stelle su queste piattaforme per colpa della super tassa

Questa “guerra commerciale silenziosa” tra UE e Cina, accentuata dalla politica protezionistica americana degli ultimi anni.

In arrivo un cambiamento radicale per lo shopping online in Italia e in tutta l’Unione Europea: dal 2026, infatti, si prospetta l’introduzione della cosiddetta “tassa Shein”, una misura che potrebbe far lievitare i prezzi sulle piattaforme di e-commerce, soprattutto quelle con origine asiatica.

Questa decisione nasce dalla necessità di contrastare l’enorme flusso di pacchi a basso costo provenienti soprattutto dalla Cina, che sta mettendo in crisi il commercio al dettaglio europeo e sollevando questioni ambientali e sociali.

La genesi della tassa Shein: numeri e motivazioni

Nel 2024 sono stati importati nell’Unione Europea ben 4,6 miliardi di piccoli pacchi, ognuno del valore inferiore a 150 euro, soggetti quindi a un’esenzione dai dazi doganali. Di questi, il 91% proviene dalla Cina, e si stima che circa il 65% sia stato sottovalutato appositamente per aggirare le tariffe.

Questo fenomeno ha causato un impatto devastante sul tessuto commerciale europeo, danneggiando i negozi fisici e favorendo grandi colossi dell’e-commerce come Shein, Temu e Aliexpress, da cui il nome colloquiale della tassa.

I governi europei sono preoccupati anche per la scarsa qualità di molti di questi prodotti e per le condizioni di lavoro e ambientali che spesso li accompagnano. L’Ecofin, riunitosi a Bruxelles, ha stabilito che questa situazione non può più essere tollerata, e ha quindi proposto di eliminare l’esenzione per pacchi di valore inferiore a 150 euro a partire dal 2028, con l’applicazione di dazi differenziati a seconda del tipo di merce (ad esempio, il settore tessile sarebbe soggetto a un dazio del 12%).

L’Italia punta ad anticipare l’introduzione della tassa

La presidente dell’Ecofin, Stephanie Lose, ha però suggerito un’entrata in vigore anticipata, prevedendo un’imposizione forfettaria temporanea già dal 2026. Due le ipotesi principali al vaglio: un dazio uniforme sotto i 150 euro oppure un dazio fisso per ogni pacco, indipendentemente dal valore.

Tra i Paesi più determinati a non aspettare il 2028 c’è l’Italia, dove il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso un forte sostegno all’iniziativa. Secondo le ultime proposte inserite nella legge di Bilancio 2026, l’Italia potrebbe introdurre una eco-tassa di 2 euro per pacco sotto i 2 kg, giustificata ufficialmente da ragioni ambientali, ma con l’obiettivo anche di incrementare le entrate fiscali.

Questa mossa si inserisce in un quadro legislativo complesso, dato che le politiche commerciali sono prerogativa della Commissione europea, ma è evidente la volontà italiana di agire autonomamente per contrastare l’invasione di merci low cost.

Impatti economici e geopolitici

Una questione ancora aperta riguarda la distribuzione del gettito derivante dalla nuova tassa. Attualmente, il 75% delle entrate della dogana va all’UE e il 25% agli Stati membri per coprire i costi di gestione, ma l’Italia valuta la possibilità di trattenere l’intera somma generata dal dazio.

Nonostante questa misura abbia un impatto contenuto sui conti comunitari (per incassare circa 35 miliardi di euro all’anno sarebbe necessario un dazio medio del 10% su pacchi dal valore medio di 100 euro), il vero obiettivo è colpire l’e-commerce cinese, che grazie ai costi estremamente bassi rischia di soffocare la produzione europea.

La decisione dell’UE arriva in un momento delicato per le tensioni commerciali globali: con gli Stati Uniti che, dal 29 agosto 2025, hanno abolito l’esenzione dai dazi per pacchi di valore inferiore a 800 dollari (salvo i regali sotto i 100 dollari), si teme che la Cina possa dirottare ancora di più le esportazioni verso il mercato europeo, aggravando ulteriormente la crisi del commercio al dettaglio nel Vecchio Continente.

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