Corte Costituzionale: Illegittimo l’articolo 274 del codice civile

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 274 del codice civile in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 30 e 111 della Costituzione, nella parte in cui subordina al previo esperimento di una procedura delibatoria di ammissibilità l’esercizio dell’azione di riconoscimento di paternità naturale promossa da un soggetto maggiorenne ai sensi del precedente art. 269 c.c.

Subito riconosciuta la paternità  naturale

La Corte di Cassazione ha sollevato eccezione d’incostituzionalità a proposito dell’art. 274 del Codice Civile, che prevede una "delibazione in ordine all’ammissibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale". La Consulta ha rilevato parecchie incongruenze nelle logiche della procedura prevista dalla legge vigente.

Spetta alla Stato il ‘governo’ delle professioni

La Corte costituzionale ha depositato ieri la sentenza n. 40 con la quale ha dichiarato incostituzionale una legge della Liguria, che dettava "Norme regionali sulle discipline bionaturali per il benessere", istituendo "il relativo Elenco regionale dei singoli operatori e delle organizzazioni con finalità didattiche, delle associazioni e delle scuole di formazione". La legge, inoltre, "disciplinava requisiti e modalità d’iscrizione e istituiva un Comitato regionale con funzioni di indirizzo sulla materia nel territorio regionale e poteri disciplinari". Questa sentenza, come il "dlgs la Loggia", spiana la strada al varo del "Dpr Siliquini sulle professioni".

Opinioni: Par condicio, avanti con juicio

Con l’approssimarsi del termine della legislatura e della convocazione dei comizi elettorali il dibattito sulla par condicio diviene un tema di grande rilevanza. Con questo termine, è noto, si intende una specifica regolamentazione che viene adottata in campagna elettorale per controllare che l’informazione politica venga svolta rispettando un principio generale di corretta e bilanciata rappresentazione delle diverse posizioni. (Si veda Maiola per Francia e Inghilterra).

Cosa dice la legge

La situazione italiana è regolata dalla legge n. 28 del 22/2/2000, che si prefigge di "garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici". In particolare, questo provvedimento regolamenta due aree cruciali dell’informazione politica, distinguendo quando questa è trasmessa all’interno di programmi televisivi (telegiornali, programmi di approfondimento, dibattiti) e quando invece viene fornita direttamente dai soggetti politici in forma autogestita (spot). Per i primi la legge (articolo 5) impone il rispetto della parità di trattamento, dell’obiettività, completezza e imparzialità dell’informazione. Per i secondi vengono invece definite le regole relative al tempo giornaliero complessivo (per le televisioni nazionali non superiore al 25 per cento del tempo totale dedicato alla comunicazione politica – articolo 3) degli spot e quelle riguardanti la ripartizione del tempo totale tra i diversi soggetti politici (a parità di condizioni – articolo 4). Esistono infine limiti quantitativi al numero di messaggi giornalieri (al massimo due per ogni soggetto politico). Le sole reti televisive locali sono autorizzate a offrire messaggi politici a pagamento con uno sconto del 50 per cento sulle tariffe pubblicitarie e per un tempo non superiore rispetto a quello dei messaggi gratuiti (articolo 3).
Da questo elenco dei principali punti della legge è possibile cogliere come questa risulti vincolante su determinati aspetti della campagna elettorale, ad esempio sugli spazi autogestiti, mentre in altri casi definisca requisiti di comportamento (obiettività e imparzialità nella conduzione dei programmi informativi) non facilmente verificabili e stringenti. Mentre infatti in quest’ultimo caso plateali violazioni sono individuabili (mancanza di un ospite della coalizione contraria, giudizi espliciti del conduttore a favore di uno dei due schieramenti, eccetera) e sanzionabili (imponendo a compensazione un uguale tempo a disposizione del soggetto politico svantaggiato, escludendo dalle trasmissioni un conduttore), esiste una zona grigia dove le eventuali preferenze di un moderatore o di un giornalista possono trasparire da sfumature espressive efficaci, ma difficilmente individuabili in modo oggettivo.
È in particolare sui vincoli agli spot autogestiti che si è riscontrato un contrasto di vedute nelle forze politiche tra chi caldeggia una forte deregolamentazione su questa materia e chi intende invece mantenerla. È forse utile cercare di individuare quali possono essere le ragioni per una regolamentazione negli sforzi di promozione dei soggetti politici, e quali problemi si pongano a questo riguardo.

Informazione e preferenze

L’obiettivo pubblico relativo all’informazione politica dovrebbe essere quello di garantire all’elettore le informazioni rilevanti per poter compiere una scelta consapevole. È quindi necessario che i soggetti politici che partecipano alle elezioni possano fornire le informazioni relative ai propri programmi e candidati. La scelta dell’elettore deriverà poi dalla valutazione delle diverse posizioni e dalle proprie preferenze e convinzioni. Informazione e preferenze appaiono quindi i due termini del problema.
Una conoscenza piena delle diverse posizioni politiche rappresenta quindi il prerequisito, da raggiungere con una informazione politica completa e da una uguale possibilità per tutti i partecipanti di illustrare le proprie posizioni. Date le informazioni disponibili, gli elettori potranno poi scegliere in modo diverso poiché mossi da convinzioni, preferenze e interessi differenti. Le elezioni democratiche debbono servire esattamente a questo scopo: rappresentare le diverse preferenze e convinzioni dell’elettorato. Non sarebbe invece desiderabile se l’esito elettorale dipendesse non solamente dalle diverse preferenze dei cittadini elettori, ma anche da una informazione non uniforme sui partecipanti, più completa e ripetuta per certi soggetti e meno per altri.  (….)

Il voto domiciliare per gli elettori malati

Scrutini parzialmente informatizzati per le politiche del 2006.  Sono in vigore le nuove norme che consentiranno agli elettori impossibilitati a recarsi alle urne, a causa di gravi patologie che comportino una dipendenza vitale da apparecchiature elettromedicali, di votare a domicilio. Lo sancisce il Decreto legge n. 1/2006 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 3 gennaio 2006.

Il testo ufficiale della riforma elettorale

E’ in vigore dal 31 dicembre 2005 la riforma della legge elettorale che segna il ritorno al proporzionale e l’abolizione dei collegi uninominali e delle preferenze. Con le nuove regole si prevede una rappresentanza proporzionale in ambito nazionale per la Camera, in ambito regionale invece per il Senato. In entrambi i casi è previsto un premio di maggioranza.

Illegittimo il referendum regionale parziale

Non è ammissibile la richiesta di referendum confermativo della deliberazione statutaria di una Regione, limitatamente soltanto ad alcune delle disposizioni. L’art. 123, comma 3, della Costituzione impone che il referendum confermativo "abbia ad oggetto soltanto l’intera delibera statutaria e non singole norme o parti di essa".

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