La disciplina del fine vita tra sussidiarietà e obiezione di coscienza

La disciplina del fine vita tra sussidiarietà e obiezione di coscienza

La questione del fine vita è un tema di grande rilevanza e complessità, che coinvolge aspetti etici, morali, religiosi e giuridici. In Italia, la disciplina del fine vita è regolamentata dalla legge 219/2017, che ha introdotto il cosiddetto “testamento biologico” e ha stabilito le modalità di accesso alle cure palliative e alla sedazione profonda e continua.

La sussidiarietà è un principio fondamentale che caratterizza l’ordinamento giuridico italiano. Esso prevede che le decisioni riguardanti la vita e la salute delle persone siano prese in modo condiviso, coinvolgendo il paziente, la sua famiglia e il medico curante. La sussidiarietà si basa sul principio di autonomia del paziente, che ha il diritto di esprimere le proprie volontà in merito alle cure mediche che desidera ricevere o rifiutare.

Tuttavia, la disciplina del fine vita deve anche tener conto dell’obiezione di coscienza, che è un diritto riconosciuto a tutti i professionisti sanitari. L’obiezione di coscienza consente al medico di rifiutarsi di praticare determinate procedure o di somministrare determinati trattamenti, qualora questi siano in contrasto con le proprie convinzioni etiche o religiose. L’obiezione di coscienza è un diritto inviolabile, ma deve essere esercitato in modo responsabile e nel rispetto delle norme vigenti.

La legge 219/2017 ha stabilito che il paziente ha il diritto di esprimere le proprie volontà in merito alle cure che desidera ricevere o rifiutare, anche nel caso in cui si trovi in una condizione di incapacità di intendere e di volere. A tal fine, è possibile redigere un testamento biologico, in cui si indicano le proprie volontà in merito alle cure mediche, alla donazione degli organi e alla destinazione del proprio corpo dopo la morte. Il testamento biologico ha valore legale e deve essere rispettato dai medici curanti.

Nel caso in cui il paziente non abbia espresso le proprie volontà in merito al fine vita, spetta al medico curante prendere la decisione più appropriata, tenendo conto del principio di proporzionalità delle cure. La legge 219/2017 prevede infatti che le cure mediche debbano essere proporzionate al beneficio che possono apportare al paziente, evitando trattamenti inutili o sproporzionati rispetto alla situazione clinica.

Tuttavia, la disciplina del fine vita deve anche tener conto dell’obiezione di coscienza dei medici. L’obiezione di coscienza consente al medico di rifiutarsi di praticare determinate procedure o di somministrare determinati trattamenti, qualora questi siano in contrasto con le proprie convinzioni etiche o religiose. L’obiezione di coscienza è un diritto inviolabile, ma deve essere esercitato in modo responsabile e nel rispetto delle norme vigenti.

La legge 219/2017 prevede che, nel caso in cui un medico si opponga per motivi di coscienza a praticare una determinata procedura o a somministrare un determinato trattamento, debba essere garantito al paziente l’accesso alle cure alternative. Inoltre, la legge prevede che il medico obiettore debba informare tempestivamente il paziente della propria obiezione di coscienza e indirizzarlo verso un altro medico che possa garantire le cure richieste.

In conclusione, la disciplina del fine vita in Italia si basa sul principio della sussidiarietà, che prevede la partecipazione attiva del paziente, della sua famiglia e del medico curante nelle decisioni riguardanti le cure mediche. Tuttavia, è anche garantito il diritto all’obiezione di coscienza dei medici, che possono rifiutarsi di praticare determinate procedure o di somministrare determinati trattamenti, qualora questi siano in contrasto con le proprie convinzioni etiche o religiose. La legge 219/2017 ha stabilito le modalità di accesso alle cure palliative e alla sedazione profonda e continua, garantendo al paziente il diritto di esprimere le proprie volontà in merito alle cure che desidera ricevere o rifiutare.