Per molti italiani, la pensione è una meta lontana e avvolta da incertezze. Le regole cambiano, le riforme si susseguono e la sensazione diffusa è che capire quanto e quando si andrà in pensione sia un’impresa da esperti. Eppure, con qualche nozione chiave, il calcolo può diventare molto più chiaro — e sorprendere più di qualcuno che, fino a ieri, stimava male il proprio futuro assegno.
Negli ultimi trent’anni il sistema previdenziale italiano ha subito trasformazioni profonde, passando da un modello generoso, basato sulle ultime retribuzioni, a uno strettamente ancorato ai contributi effettivamente versati. Un cambiamento che ha inciso non solo sull’importo della pensione, ma anche sull’età in cui è possibile ritirarsi dal lavoro.
C’è chi scopre troppo tardi di avere diritto a meno di quanto immaginasse e chi, al contrario, scopre che la propria posizione previdenziale è più solida del previsto. Tutto dipende da un semplice ma fondamentale dettaglio: capire a quale sistema di calcolo si appartiene.
Come si calcola davvero la pensione
Il punto di partenza è sempre lo stesso: sapere se si rientra nel sistema retributivo, contributivo o misto. Chi ha maturato contributi prima del 1996 rientra in parte nel vecchio regime retributivo, dove la pensione è calcolata sulla media delle ultime retribuzioni, circa il 2% per ogni anno di carriera. È il metodo più favorevole, perché tiene conto degli stipendi più alti, solitamente quelli finali.
Dal 1996 in poi, invece, tutto cambia. Il sistema contributivo calcola la pensione in base ai contributi realmente versati, rivalutati anno per anno, e poi trasformati in rendita grazie ai cosiddetti coefficienti di trasformazione. Questi valori aumentano con l’età: più tardi si va in pensione, più alto sarà l’assegno.

Un esempio? A 60 anni il coefficiente è del 4,515%, a 67 sale al 5,575%. Una differenza che può valere centinaia di euro al mese.
Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 ma non ha accumulato 18 anni di contributi entro quella data si trova nel sistema misto, che combina entrambi i metodi. In questo caso, gli anni precedenti al 1996 sono calcolati con il metodo retributivo, quelli successivi con il contributivo. Per evitare errori e congetture, l’INPS ha creato un servizio semplice e gratuito: “La mia pensione futura”.
Basta accedere con SPID o CIE per ottenere una simulazione precisa del proprio assegno, sulla base dei contributi effettivamente versati e delle previsioni di crescita del reddito. Il simulatore mostra anche la data esatta in cui si maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata, e consente di verificare eventuali “buchi” contributivi da colmare.
Un dato interessante? In molti scoprono che, pur avendo ancora diversi anni davanti, un piccolo aumento dei versamenti o una carriera più lunga di pochi mesi può migliorare sensibilmente l’importo finale.