Opinioni – Crimini e misfatti delle imprese

In Italia, la responsabilità amministrativa delle imprese derivante da delitto è stata introdotta solo con il decreto legislativo 231/2001 e segue consolidate esperienze internazionali. Ha ovviamente anche una valenza preventiva perché sollecita le imprese a dotarsi di meccanismi e procedure (i cosiddetti compliance programs) volti, ex ante, a impedire che dipendenti o manager commettano illeciti negli interessi dell’azienda ed, ex post, a fungere da elementi in grado di elidere o di attenuare la colpevolezza dell’ente. A cinque anni dalla introduzione della legge si può tentare un primo bilancio sulla sua efficacia.

Bilancio di una legge

Anzitutto, va precisato che la responsabilità amministrativa dell’impresa può sorgere solo per effetto della commissione di un reato, da parte di una persona fisica, tra quelli espressamente e tassativamente previsti dal decreto legislativo 231/2001.
Il catalogo dei reati era inizialmente limitato a poche fattispecie: alcuni delitti contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, malversazione), e le frodi in sovvenzioni. Con interventi successivi, sono state incluse le falsità in monete e nelle carte di pubblico credito, i reati societari, i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e alcuni delitti contro la personalità individuale (come la riduzione in schiavitù); le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili e, relativamente al crimine organizzato transnazionale, il riciclaggio, l’associazione per delinquere (anche di stampo mafioso o finalizzata al traffico illecito di stupefacenti), la violazione delle norme sulla immigrazione e i delitti di "intralcio alla giustizia" sono stati aggiunti agli inizi del 2006.
Nonostante l’ampliamento, sono reati di realizzazione statisticamente limitata e ciò può minare l’effettività delle norme sulla responsabilità penale delle imprese. (…)

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