Par condicio, così in Europa

Un confronto fra le norme in vigore in Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Italia.
La normativa in materia dipende soprattutto dagli assetti societari del settore radiotelevisivo e dal livello di pluralismo informativo raggiunto in ciascun Paese. In Italia è in vigore una legge del 2000, attualmente al vaglio del governo che intende riformarla.

Opinioni: Par condicio, avanti con juicio

Con l’approssimarsi del termine della legislatura e della convocazione dei comizi elettorali il dibattito sulla par condicio diviene un tema di grande rilevanza. Con questo termine, è noto, si intende una specifica regolamentazione che viene adottata in campagna elettorale per controllare che l’informazione politica venga svolta rispettando un principio generale di corretta e bilanciata rappresentazione delle diverse posizioni. (Si veda Maiola per Francia e Inghilterra).

Cosa dice la legge

La situazione italiana è regolata dalla legge n. 28 del 22/2/2000, che si prefigge di "garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici". In particolare, questo provvedimento regolamenta due aree cruciali dell’informazione politica, distinguendo quando questa è trasmessa all’interno di programmi televisivi (telegiornali, programmi di approfondimento, dibattiti) e quando invece viene fornita direttamente dai soggetti politici in forma autogestita (spot). Per i primi la legge (articolo 5) impone il rispetto della parità di trattamento, dell’obiettività, completezza e imparzialità dell’informazione. Per i secondi vengono invece definite le regole relative al tempo giornaliero complessivo (per le televisioni nazionali non superiore al 25 per cento del tempo totale dedicato alla comunicazione politica – articolo 3) degli spot e quelle riguardanti la ripartizione del tempo totale tra i diversi soggetti politici (a parità di condizioni – articolo 4). Esistono infine limiti quantitativi al numero di messaggi giornalieri (al massimo due per ogni soggetto politico). Le sole reti televisive locali sono autorizzate a offrire messaggi politici a pagamento con uno sconto del 50 per cento sulle tariffe pubblicitarie e per un tempo non superiore rispetto a quello dei messaggi gratuiti (articolo 3).
Da questo elenco dei principali punti della legge è possibile cogliere come questa risulti vincolante su determinati aspetti della campagna elettorale, ad esempio sugli spazi autogestiti, mentre in altri casi definisca requisiti di comportamento (obiettività e imparzialità nella conduzione dei programmi informativi) non facilmente verificabili e stringenti. Mentre infatti in quest’ultimo caso plateali violazioni sono individuabili (mancanza di un ospite della coalizione contraria, giudizi espliciti del conduttore a favore di uno dei due schieramenti, eccetera) e sanzionabili (imponendo a compensazione un uguale tempo a disposizione del soggetto politico svantaggiato, escludendo dalle trasmissioni un conduttore), esiste una zona grigia dove le eventuali preferenze di un moderatore o di un giornalista possono trasparire da sfumature espressive efficaci, ma difficilmente individuabili in modo oggettivo.
È in particolare sui vincoli agli spot autogestiti che si è riscontrato un contrasto di vedute nelle forze politiche tra chi caldeggia una forte deregolamentazione su questa materia e chi intende invece mantenerla. È forse utile cercare di individuare quali possono essere le ragioni per una regolamentazione negli sforzi di promozione dei soggetti politici, e quali problemi si pongano a questo riguardo.

Informazione e preferenze

L’obiettivo pubblico relativo all’informazione politica dovrebbe essere quello di garantire all’elettore le informazioni rilevanti per poter compiere una scelta consapevole. È quindi necessario che i soggetti politici che partecipano alle elezioni possano fornire le informazioni relative ai propri programmi e candidati. La scelta dell’elettore deriverà poi dalla valutazione delle diverse posizioni e dalle proprie preferenze e convinzioni. Informazione e preferenze appaiono quindi i due termini del problema.
Una conoscenza piena delle diverse posizioni politiche rappresenta quindi il prerequisito, da raggiungere con una informazione politica completa e da una uguale possibilità per tutti i partecipanti di illustrare le proprie posizioni. Date le informazioni disponibili, gli elettori potranno poi scegliere in modo diverso poiché mossi da convinzioni, preferenze e interessi differenti. Le elezioni democratiche debbono servire esattamente a questo scopo: rappresentare le diverse preferenze e convinzioni dell’elettorato. Non sarebbe invece desiderabile se l’esito elettorale dipendesse non solamente dalle diverse preferenze dei cittadini elettori, ma anche da una informazione non uniforme sui partecipanti, più completa e ripetuta per certi soggetti e meno per altri.  (….)

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