Matrimonio egualitario, la Consulta boccia il quesito referendario

La tutela dell'ambiente e il Green Deal europeo

Matrimonio egualitario, la Consulta boccia il quesito referendario Il matrimonio egualitario è un tema di grande rilevanza sociale e politica, che negli ultimi anni ha suscitato un acceso dibattito in Italia. Tuttavia, la Consulta ha recentemente bocciato il quesito referendario sulla possibilità di estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Questa decisione ha suscitato … Leggi tutto

Uscire dall’atomo come la Germania

La scelta di uscire irreversibilmente dal nucleare presa dal governo tedesco è una decisione storica, coraggiosa e destinata a influenzare le politiche energetiche degli altri paesi europei e probabilmente di tutte le altre nazioni industriali. È accompagnata da una serie di provvedimenti e investimenti sulle fonti rinnovabili. Che cosa impedisce all’Italia di seguire la stessa … Leggi tutto

Consulta, Quaranta eletto presidente: “Non si può bloccare referendum”

La Corte costituzionale sotto la sua presidenza si deve ora pronunciare sul quesito sul nucleare riformulato dalla Cassazione, che così motiva il suo via libera alla consultazione: “Col dl omnibus del governo si apre al nucleare nell’immediato”. L’articolo su repubblica.it Articoli correlati “Non possiamo fermare il referendum“- L’articolo su ilfattoquotidiano.it Chi ci guadagna dai referendum … Leggi tutto

Referendum, l’affluenza minima per raggiungere il ‘quorum’

Confermato il voto sui quattro quesiti, i cittadini che si recheranno alle urne potranno scegliere il “sì” (cioè votare per cancellare la legge) o il “no” (se vogliono mantenerla in vigore). Oltre all’astensionismo fisiologico c’è quello incoraggiato dal “fronte del no”, per far mancare il quorum. Anche in caso di vittoria del “sì” nel conteggio … Leggi tutto

Opinioni: Una firma necessaria

La raccolta di firme per il referendum sulla legge elettorale si sta avviando alla conclusione, con rischi seri che non venga raggiunto il numero necessario. Complici del mediocre risultato, il silenzio dei media e in particolare della televisione, l?opposizione feroce dei partiti piccoli (tranne, onore al merito, l?Italia dei Valori), e l?astensione di quelli grandi (eccetto Alleanza nazionale), ricattati dai propri partner di coalizione. Esemplificativo in questo senso il comportamento del candidato a leader del Partito democratico, Walter Veltroni, che si ? esibito in uno stupefacente "vorrei tanto, ma non posso", che come indicazione di coraggio politico e scelte chiare non ? proprio il massimo. Ma vale la pena firmare per il referendum oppure si tratta solo di una perdita di tempo, non dissimile dalle numerose altre che il cittadino italiano ha dovuto subire in occasioni simili? In questo caso, ci sono pochi dubbi che la risposta giusta sia la prima. Per due ragioni.

La ragione strumentale

Il motivo principale ? che senza il pungolo del referendum, e dunque della necessit? di modificare l?attuale legge elettorale per evitarlo, ci sono scarse speranze che la classe politica trovi la forza e il consenso necessario per rimettere mano alla materia. Votare di nuovo con la legge elettorale in vigore sarebbe un disastro, come la via crucis del governo Prodi dimostra ampiamente.
Strana storia quella dell?attuale legge elettorale. Approvata con i soli voti della maggioranza di centrodestra sul finire della legislatura precedente, ? ovviamente una legge che induce la frammentazione e prepara la strada per il superamento del bipolarismo; perch? dunque i grandi partiti del centrodestra l?abbiano votata ? difficile da capire. Se volevano far perdere le elezioni al centrosinistra, hanno sbagliato e anzi potrebbero aver ottenuto l?effetto opposto. Se invece volevano impedire al centrosinistra di governare, ci sono riusciti appieno. Il problema ? che l?ingovernabilit? riguarder? anche loro, dovessero vincere le prossime elezioni. A riprova, si osservi che il sistema elettorale attuale non ha pi? padri: con vari distinguo, non c?? nessuno tra quelli che pure l?hanno votato che non ne richieda una riforma urgente e radicale. Per quanto riguarda il centrosinistra, poi, la necessit? di cambiare la legge elettorale ? uno dei primi punti del programma dell?Unione.
Eppure, modificarla sembra impossibile. La ragione, banalmente, ? che ? cambiato lo status quo. L?attuale sistema offre enormi poteri di veto ai partiti marginali, che non vedono perch? debbano rinunciare a cos? comode rendite di posizione. In pi?, trasversalmente, avvantaggia tutte le segreterie di partiti che possono decidere a tavolino, con le liste bloccate e le candidature multiple, chi prender? posto in Parlamento, eliminando i concorrenti pericolosi e premiando i sodali. Riformare la legge richiede necessariamente una qualche riorganizzazione del sistema partitico; riuscirci, accontentando tutti e ventitr? i partiti esistenti, e in particolare gli undici dell?attuale coalizione di governo, ? praticamente impossibile, come mostrano gli sforzi fin qui inutili del ministro Vannino Chiti. ? possibile che la legge elettorale sia comunque non riformabile, o che non lo sia fintantoch? questo governo ? in carica; ma ? certo che non verr? riformata se la minaccia implicita del referendum nei confronti dei partiti pi? piccoli non li indurr? a pi? miti consigli.

La ragione sostanziale

Supponiamo tuttavia che la legge elettorale non venga riformata, che il referendum raggiunga le firme necessarie, venga considerato ammissibile dalla Corte costituzionale, che i cittadini si rechino a votare superando il quorum e che i "s?" prevalgano sui "no" (come si vede, una lunga lista di condizioni). Il sistema elettorale che ne deriverebbe, sarebbe vitale o sarebbe un altro pasticcio all?italiana, capace di rimetterci nei guai il giorno dopo la proclamazione dei risultati? Certo, sarebbe un sistema che nessuno scienziato politico scriverebbe mai a tavolino. Del resto, il referendum pu? essere solo abrogativo di leggi o di articoli di leggi esistenti. Comunque, qualche vantaggio rispetto al sistema attuale l?avrebbe. Intanto, si riporterebbe la soglia dei voti per la rappresentanza in Parlamento a un pi? ragionevole 4 per cento per la Camera e addirittura all?8 per cento al Senato (contro le sei soglie attuali, che si traducono nei fatti in limiti nettamente pi? bassi). Poi, si eliminerebbe lo sconcio delle candidature multiple, che rappresentano davvero una presa in giro degli elettori. Infine, concentrando il premio di maggioranza sulla lista pi? votata, e non sulla coalizione, darebbe un forte impulso alla aggregazione dei partiti.
Certo, c?? il rischio che se i partiti non si aggregano, il premio di maggioranza finisca con il dare un vantaggio spropositato ai pi? grandi: con il 25 per cento dei voti si potrebbe ottenere il 55 per cento dei seggi. E viceversa, se si aggregano, che l?aggregazione sia solo fittizia, conducendo successivamente a una nuova frantumazione. In realt?, questo dipende anche da altri due aspetti: i regolamenti parlamentari, che potrebbero essere in futuro meno condiscendenti verso la formazione dei gruppi, e il sistema di finanziamento dei partiti (pardon, il "rimborso delle spese elettorali"). Il generosissimo rimborso, fino a otto volte superiore alla spesa effettiva, introdotto dalla legge 157/1999 in sostituzione del finanziamento pubblico, prevede infatti che vi possano accedere i partiti che hanno corso alle elezioni.. Non ? chiaro se altrettanto potrebbero fare partiti che si formassero successivamente alle elezioni. La mancanza dei soldi potrebbe dimostrarsi un collante molto convincente.