Fino al 2004, anno di introduzione della figura dell’amministratore di sostegno, chi si fosse trovato in una situazione temporanea o permanente di difficoltà nel prendersi cura di sé e dei propri interessi, sarebbe stato sottoposto a inabilitazione con la conseguente nomina di un curatore, o di interdizione con la nomina di un tutore.
La legge 6 del 2004 ha introdotto la figura e la disciplina dell’amministratore di sostegno per quelle situazioni alle quali la precedente disciplina non si adattava.
Se, come detto, nel caso di totale e permanente impossibilità di badare a sé la legge prevede l’interdizione e, nel caso di grave ma temporanea incapacità prevede l’inabilitazione, l’amministratore di sostegno ha il compito non di sostituirsi ma di “sostenere” appunto un soggetto in una condizione di fragilità che non sconfina nell’incapacità di provvedere a se stessa.
E’ il caso di un anziano, in possesso delle proprie facoltà ad esempio, che abbia però bisogno di un aiuto nella normale gestione delle incombenze della propria vita e che all’amministratore saranno delegate.
La procedura per la nomina di un amministratore di sostegno può essere avviata dal coniuge, dal convivente, dall’unita/o civilmente, dagli affini entro il secondo grado e dai parenti entro il quarto con ricorso depositato presso il Giudice tutelare del capoluogo ove risiede la persona in difficoltà.
Il decreto di nomina, immediatamente esecutivo, indicherà espressamente gli atti che l’amministratore di sostegno potrà eseguire direttamente in nome e conto del beneficiario e gli atti che quest’ultimo non potrà compiere autonomamente.
Per chiarezza, il decreto di nomina indicherà altresì i limiti all’operato dell’amministratore di sostegno, ossia le somme di cui potrà disporre e la periodicità con la quale dovrà riferire al Giudice al riguardo.
La nomina appare quindi opportuna quando non si ricada nelle ipotesi di inabilitazione o interdizione ma sia necessario un sostegno nella gestione della persona o del patrimonio del beneficiario.
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