Un nuovo bonus sarà erogato a tanti italiani. Per averlo bastano solo 5 anni di contributi. Cosa c’è da sapere al riguardo.
Gestire la quotidianità domestica è un lavoro vero e proprio, che implica fatica, organizzazione e costanza. Se svolto in un contesto professionale, sarebbe retribuito e tutelato. Ma tra le mura di casa, chi dedica il proprio tempo a queste attività rimane privo di contratti, protezioni e garanzie.
Il diritto italiano riconosce formalmente l’importanza della famiglia e della dignità del lavoro, ma non riesce ancora a tradurre questi principi in misure concrete a favore di chi si occupa della cura domestica. Il termine “casalingo” o “casalinga” resta intrappolato in una definizione sociale, più che lavorativa, priva di peso nei meccanismi del welfare.
In pensione con soli 5 anni di contributi, il Bonus che ti fa lasciare subito il lavoro: controlla i requisiti
Tuttavia, nessuna di queste ore figura nei conti dello Stato, né restituisce sicurezza a chi le svolge. Questo tipo di lavoro, pur essendo cruciale per la stabilità del Paese, continua a essere considerato irrilevante nei bilanci previdenziali e nelle politiche sociali.

Dal 1996, chi non ha un impiego retribuito e si dedica stabilmente alla casa può iscriversi al Fondo di previdenza volontaria gestito dall’INPS. L’adesione è aperta a cittadini tra i 16 e i 65 anni, e consente di versare contributi volontari al fine di maturare una pensione di vecchiaia o, in alcuni casi, di inabilità.
Ma la natura volontaria di questo strumento è il suo stesso limite, infatti, senza obbligatorietà né contributo statale, molte persone non riescono a versare regolarmente. Inoltre, l’assenza di una soglia minima di pensione garantita rende la prestazione spesso troppo bassa per offrire una reale sicurezza in età avanzata.
Per chi arriva alla vecchiaia senza contributi, esiste l’assegno sociale, una misura assistenziale riservata agli over 67 in condizioni di forte disagio economico. Ma si tratta di una risposta alla povertà, non di un riconoscimento del lavoro domestico. L’accesso è vincolato a redditi molto bassi, e l’importo, se concesso, è modesto.
Questa prestazione non nasce per valorizzare l’impegno profuso nella cura familiare, ma per arginare le situazioni di marginalità estrema. È, in sostanza, una rete di protezione minima, non una garanzia di dignità.
Con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione, il legislatore ha introdotto una novità parziale, chi si occupa di minori, disabili o anziani può essere esonerato dagli obblighi di attivazione previsti per gli altri beneficiari. In questo modo, almeno implicitamente, si riconosce che il lavoro di cura è già un impegno a tempo pieno.