Il diritto di ciascuno Stato di determinare i modi di acquisto e di perdita della cittadinanza è stato riconosciuto come un principio di diritto internazionale consuetudinario. Pertanto, rientra tra le competenze esclusive degli Stati definire l’area dei propri cittadini.
Quali sono in generale le modalità di acquisto della cittadinanza?
Attualmente, i principi su cui gli stati si basano per concedere la cittadinanza sono lo ius soli, lo ius sangiunis e lo iure communicatio.
Lo ius soli – “diritto del suolo” – è il principio che ricollega al fatto giuridico di essere nati sul territorio di un determinato Stato l’acquisto della relativa cittadinanza, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
È opportuno ricordare che oltre allo ius soli “puro” – nasci sul territorio di uno Stato e ne diventi automaticamente cittadino –, applicato nella quasi totalità dei paesi del continente americano, trova applicazione anche il c.d. ius soli “moderato”, ipotesi che oltre alla nascita sul territorio dello stato richiede ulteriori requisiti, quali, ad esempio, una permanenza più o meno lunga sul territorio da parte dei genitori o dello stesso minore.
Lo ius sanguinis – “diritto di sangue” – è il principio secondo cui la cittadinanza si trasmette al figlio (ed in certi casi anche i discendenti più lontani), qualunque sia il luogo della nascita.
Lo ius domicilii – “diritto del domicilio” – è il principio che prevede la concessione della cittadinanza a chi risiede stabilmente nel territorio di uno stato per un determinato periodo di tempo, variabile da stato a stato.
Lo iure communicatio, infine, è il principio in base al quale la cittadinanza può essere trasmessa all’interno della famiglia da un componente ad un altro. I casi più frequenti sono il matrimonio, il riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione e l’adozione.
Come avviene l’acquisto della cittadinanza in Italia?
In Italia, l’acquisto della cittadinanza è disciplinato dalla legge 91 del 1992, la quale ricalca sostanzialmente quanto previsto dalla precedente legge 555/1912. Il criterio prediletto dal legislatore italiano è quello dello ius sanguinis, e pertanto la cittadinanza italiana si trasmette dai genitori ai figli, a prescindere dal luogo in cui questi siano nati o cresciuti (art. 1).
Ulteriori criteri previsti per l’acquisto della cittadinanza italiana sono lo iure communicatio e lo iure domicilii. In base al primo, ex art. 1.11 della legge 94/2009, può ottenere la cittadinanza il coniuge straniero che dopo il matrimonio abbia risieduto per almeno due anni in Italia, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero.
In base al secondo, invece, è possibile ottenere lo status di cittadino italiano in seguito ad una stabile ed ininterrotta permanenza sul territorio dello stato italiano per almeno dieci anni. Occorre tuttavia precisare che in siffatta ipotesi il soggetto non matura un vero e proprio diritto, ma soltanto un interesse legittimo e, pertanto, la concessione della cittadinanza italiana è subordinata allo svolgimento di un procedimento amministrativo basato sul principio della discrezionalità amministrativa.
L’unica – e residuale – ipotesi di acquisto della cittadinanza italiana ius soli è riservata a coloro che sono nati da genitori ignoti o apolidi o che, nati in Italia da genitori stranieri non ottengono la cittadinanza dei genitori, sulla base delle leggi degli Stati cui questi appartengono.
In che modo la riforma della legge sulla cittadinanza inciderà sulla Legge 91/1992?
Il disegno di legge attualmente in discussione si concentra sulla questione fondamentale della tutela dell’acquisto della cittadinanza da parte dei minori, apportando, a tal fine alcune modifiche alla legge del 5 febbraio 1992, n. 91.
La portata innovativa della proposta legislativa è da ravvisarsi in ordine alla introduzione di due nuove modalità di acquisto della cittadinanza: lo ius soli temperato e lo ius culturae.
In base allo ius soli temperato, acquista la cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente o in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. L’acquisizione della cittadinanza non sarà automatica, bensì mediante dichiarazione di volontà espressa da un genitore o da chi ne esercita la responsabilità genitoriale all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore, entro il compimento della maggiore età di quest’ultimo. Qualora non sia stata resa la predetta dichiarazione, i soggetti interessati acquistano la cittadinanza se ne fanno richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. In ogni caso, chiunque nasce e risiede in Italia legalmente e senza interruzioni fino al compimento degli anni 18, il termine per la richiesta della cittadinanza passerà da uno a due anni dal compimento della maggiore età.
Nella pratica, quali effetti avrebbe l’approvazione della riforma sullo Ius soli?
Secondo la “Fondazione Leone Moressa” l’introduzione dello ius soli temperato farebbe acquisire la cittadinanza italiana a circa 600 mila minori nati in Italia dal 1998 ad oggi da genitori migranti. D’altra parte, per quanto concerne lo ius culturae, diviene cittadino italiano il minore straniero nato in Italia o che vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che, ai sensi della normativa vigente, abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo.
Anche in questo caso è necessario che o l’interessato – entro il compimento della maggiore età – o un genitore legalmente residente in Italia presenti una dichiarazione di volontà espressa all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza, da annotare nel registro dello stato civile. Sempre secondo la citata Fondazione, rientrerebbero nella riforma circa 178 mila alunni nati all’estero che abbiano già completato 5 anni di scuola in Italia.
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