La sentenza in commento ci permette di fare luce su due realtà differenti. Quella della colonia felina, giuridicamente riconosciuta, e quella del fenomeno dell’accumulo di animali e/o cose, c.d. animal hoarding. Quest’ultima, una emergenza sociale. Nel fatto che è all’origine di questa decisione del giudice amministrativo le due realtà pericolosamente si confondono sovrapponendosi.
Tanto per essere chiari le colonie feline sono protette da normative nazionali, regionali e comunali. Non è possibile spostare un gatto o trasferire una colonia sia che essa sia stabilità su suolo pubblico che privato (come un condominio). Unica eccezione a tale divieto è la stessa loro tutela o la provata sussistenza di gravi motivazioni di ordine igienico-sanitario.
Quanto all’accumulo di animali, esso è un fenomeno le cui origini sono antiche, quando ancora ci si approcciava alle sue manifestazioni qualificandole come “inconvenienti igienici”. Oggi questi inconvenienti igienici sono percepiti come reati di abbandono, maltrattamento e detenzione di animali in condizione incompatibili. Situazioni che verosimilmente possono avere alla loro origine situazioni organico-psicologico compromesse che presentano quale comune denominatore un disagio di relazione (ritenuta più appagante se intrattenuta con gli animali piuttosto che con gli esseri umani). Non è infrequente che le segnalazioni di animal hoarding provengano dagli amministratori di condominio e quando si varca la porta del soggetto accumulatore (solitamente ben disposto all’inizio per poi chiudersi sempre più con il passare del tempo così da rendere impenetrabile il proprio fortino) ci si trova davanti a scenari inimmaginabili. Numerosi animali di specie diverse in pochi metri quadrati ai quali è stato di fatto impedito loro di conoscere il mondo esterno, volutamente e ostinatamente chiuso fuori.
Fatte queste doverose premesse, veniamo alla decisione in commento dove a seguito di un sopralluogo effettuato dal Servizio Sanitario di competenza viene accertata all’interno di una civile abitazione una abbondante presenza di deiezioni dovuta alla presenza di alcuni gatti. Segue una ordinanza del Sindaco che ordina a Tizio, proprietario dell’appartamento, l’adozione di ogni più idonea misura a garantire l’igiene e la sanità pubblica e nello specifico l’allontanamento dei gatti ivi detenuti con loro trasferimento nella corte di proprietà dello stesso Tizio (una volta dotata la corte di idonea recinzione atta a impedire lo sconfinamento). Per effetto dell’ordinanza Tizio avrebbe dovuto adempiere alcune consequenziali prescrizioni quali -tra le diverse- provvedere al nutrimento e all’accudimento dei gatti, alle operazioni di pulizia del sito dagli stessi.
L’ordinanza viene impugnata da Tizio e, respinta l’istanza cautelare, si giunge alla pubblica udienza dove la causa viene trattenuta in decisione. Il motivo principale del ricorso ruota intorno alla ritenuta insussistenza dei presupposti di legge per l’emanazione dell’ordinanza emessa perché adottata in assenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza non essendo state accertate le ragioni della situazione di pericolo per l’igiene o per l’incolumità pubblica evidenziata nella sua motivazione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale siciliano è di diverso avviso e rigetta il ricorso presentato da Tizio. Se è vero, si legge nella sentenza, che l’impugnato provvedimento non contiene un espresso riferimento alla disposizione dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000, esso segue un sopralluogo del Distretto Veterinario di competenza e dalla Polizia Municipale che accertava “la presenza di alcuni gatti potenziale fonte di disturbo al riposo notturno per la produzione di rumori molesti” come anche “la abbondante presenza di deiezioni fonte di problemi igienico-sanitari”; si evidenziava anche lo stato di degrado dell’immobile di cui è parte l’unità abitativa di proprietà di Tizio nonché il conseguente pericolo per la sanità e l’igiene pubblica.
A dire del giudice amministrativo l’ordinanza emessa, proprio per tali richiamate circostanze, non poteva che qualificarsi come un’ordinanza contingibile e urgente pur se non richiamati i presupposti normativi in base ai quali era stato adottata. Con riferimento alla pura eccepita insufficiente istruttoria e alla carenza di motivazione, il giudice amministrativo osserva che l’ordinanza impugnata trova fondamento e motivazione sulla base delle risultanze innanzi richiamate (sopralluogo dell’Amministrazione sanitaria). La non menzione della norma violata a dire dello stesso giudice non ha rilevanza alcuna dal momento che le ordinanze contingibili e urgenti non sono provvedimenti sanzionatori ma finalizzate a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. E quanto in atti è stato ritenuto sufficiente dal giudice amministrativo per la sussistenza dei gravi pericoli.
Avv. Filippo Portoghese
Norme di legge in tema di Colonia felina, Pdf a cura di Guardie Ambientali
Come registrare una Colonia felina, a cura della ASL di Roma 1