Spetta la pensione di reversibilità al figlio convivente?

La pensione di reversibilità rappresenta un importante strumento di tutela per i familiari di un lavoratore deceduto, garantendo loro un sostegno economico per affrontare il difficile momento della perdita. In particolare, la pensione di reversibilità al figlio convivente costituisce una forma di protezione per quei figli che, pur non essendo sposati o non avendo formato una famiglia propria, vivono ancora con il genitore scomparso.

La legge italiana prevede che il figlio convivente possa beneficiare della pensione di reversibilità se rispetta determinati requisiti. Innanzitutto, è necessario che il figlio convivente abbia un’età inferiore ai 21 anni oppure che sia affetto da una grave disabilità che lo renda totalmente o parzialmente incapace al lavoro. Inoltre, è fondamentale che il figlio convivente dimostri di aver vissuto con il genitore defunto in modo continuativo e stabile, senza interruzioni o periodi di separazione.

Perché si possa erogare la pensione di reversibilità al figlio convivente, è necessario che questi presenti una domanda all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), fornendo tutti i documenti necessari a comprovare la convivenza con il genitore defunto. Tra i documenti richiesti vi possono essere ad esempio il certificato di residenza, le dichiarazioni dei vicini di casa o dei parenti, le bollette delle utenze domestiche intestate al figlio convivente e al genitore defunto, nonché eventuali altri documenti che possano dimostrare la convivenza.

È importante sottolineare che la pensione di reversibilità al figlio convivente non è automatica, ma viene valutata caso per caso dall’INPS. L’istituto previdenziale verifica la veridicità delle informazioni fornite e può richiedere ulteriori documenti o effettuare controlli per accertare la convivenza effettiva. Solo dopo aver verificato tutti i requisiti richiesti, l’INPS procede all’erogazione della pensione di reversibilità al figlio convivente.

È opportuno altresì precisare che la pensione di reversibilità ha una durata limitata nel tempo. Infatti, il beneficio cessa quando il figlio convivente raggiunge i 21 anni di età, a meno che non sia affetto da una grave disabilità. In tal caso, la pensione di reversibilità può essere mantenuta anche dopo i 21 anni, fino a quando persistono le condizioni di invalidità.

La normativa di riferimento per la reversibilità al figlio convivente è contenuta nel Testo Unico delle Leggi di Previdenza Sociale (D.P.R. nr. 1092 del 1973) e nel Decreto Legislativo nr. 286 del 1998, che disciplina il diritto al mantenimento della pensione di reversibilità in caso di grave disabilità.

La pensione di reversibilità al figlio convivente rappresenta quindi un importante strumento di tutela per quei figli che, pur non essendo sposati o non avendo formato una famiglia propria, vivono ancora con il genitore recentemente scomparso. È fondamentale quindi rispettare i requisiti previsti dalla legge e presentare una domanda all’INPS, fornendo tutti i documenti necessari a comprovare la convivenza con il genitore defunto. La pensione di reversibilità al figlio convivente ha una durata limitata nel tempo e viene regolamentata dal Testo Unico delle Leggi di Previdenza Sociale e dal Decreto Legislativo nr. 286 del 1998.

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