Pensioni, arriva la quota 89: chi è nato in questi anni dovrà aspettare di meno

Nel 2025 cambia l’accesso alla pensione anticipata: ecco cosa significa davvero la nuova “Quota 89” e chi potrà beneficiarne prima degli altri.

La cosiddetta “Quota 89” non è una nuova pensione, ma la versione aggiornata della pensione anticipata contributiva: consente l’uscita a 64 anni con 25 anni di contributi, ma solo per chi ha maturato una pensione minima di almeno 1.600 euro.

Negli ultimi mesi si è parlato molto di una nuova misura previdenziale chiamata “Quota 89”. Una formula che ha catturato l’attenzione di molti lavoratori, perché fa pensare a un nuovo modo per andare in pensione prima. In realtà, dietro questo nome non si nasconde una nuova legge, ma un modo “semplificato” per indicare una misura già esistente: la pensione anticipata contributiva, introdotta con la legge Fornero e oggi aggiornata con alcune modifiche nella Legge di Bilancio 2025.

La cosiddetta Quota 89 si ottiene sommando 64 anni di età e 25 anni di contributi: due numeri che, messi insieme, danno appunto 89. È questa combinazione che permette, almeno in alcuni casi, di lasciare il lavoro con un anticipo di circa tre anni rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria. Tuttavia, non è una strada aperta a tutti, perché richiede requisiti precisi e soprattutto un importo minimo dell’assegno mensile che garantisca una certa stabilità economica.

La misura si rivolge a chi ha versato contributi solo dopo il 1° gennaio 1996, ovvero a quei lavoratori che rientrano completamente nel sistema contributivo. Un’eccezione riguarda coloro che hanno scelto di spostare tutti i loro versamenti nella Gestione Separata dell’INPS, il cosiddetto “computo”, che consente di rientrare nello stesso regime.

Cos’è davvero la Quota 89

La Quota 89, dunque, non è una nuova formula, ma una versione “aggiornata” e più restrittiva della pensione anticipata contributiva. Per accedervi, serve rispettare tre condizioni fondamentali:

pensione anticipata
Chi ha diritto alla pensione anticipata? – diritto
  1. Avere almeno 64 anni di età;
  2. Aver maturato 25 anni di contributi effettivi;
  3. Raggiungere un assegno pensionistico pari ad almeno 3 volte l’Assegno sociale, che nel 2025 corrisponde a circa 1.616 euro mensili.

Questo ultimo requisito è il più selettivo, perché esclude chi avrebbe una pensione più bassa. In pratica, lo Stato concede la possibilità di andare in pensione prima, ma solo se si dimostra di poter vivere dignitosamente senza bisogno di integrazioni o aiuti pubblici.

Per le donne con figli, però, sono previste soglie più basse:

  • 2,8 volte l’Assegno sociale (circa 1.508 euro) con un figlio;
  • 2,6 volte (circa 1.400 euro) con due o più figli.

Una piccola apertura che riconosce l’impatto delle carriere discontinue o part-time più frequenti tra le lavoratrici. Una delle modifiche più rilevanti riguarda la possibilità di sommare la pensione pubblica al rendimento del proprio fondo pensione complementare. In questo modo, chi ha aderito a un fondo privato potrà raggiungere più facilmente la soglia minima richiesta per uscire dal lavoro in anticipo. L’intento del Governo è duplice: favorire il ricorso alla previdenza integrativa e alleggerire, nel lungo periodo, la spesa pubblica per le pensioni.

Attenzione però: la Quota 89 è destinata a durare poco. La Legge di Bilancio 2025 ha già tracciato un percorso che porterà, nel giro di pochi anni, alla Quota 94. Questo significa che i requisiti diventeranno più rigidi: 30 anni di contributi anziché 25 e una soglia minima più alta per l’assegno, pari a 3,2 volte l’Assegno sociale dal 2030.
In pratica, chi oggi può accedere con 64 anni e 25 di contributi potrebbe trovarsi presto a dover lavorare di più per ottenere lo stesso risultato.

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