Querela per diffamazione, come si incastra il colpevole

La gravità del reato di diffamazione è molto sottovalutata, sia per quanto riguarda il danno che provoca al diffamato, sia per le conseguenze di una querela per diffamazione.

Nella vita reale così come nella sua trasposizione “virtuale” sui social network, è capitato a tutti di sentire o leggere affermazioni tali da ledere l’onore o la dignità di qualcuno.

Per dare un’idea delle conseguenze possibili per chi sia ritenuto colpevole del reato di diffamazione, basti dire che nel caso di fatti generici riferiti magari in una normale conversazione, la pena può già arrivare a un anno di reclusione; nel caso in cui, preso dalla foga della narrativa, il reo arricchisca il tutto di dettagli tali da attribuire al diffamato un fatto specifico, si può arrivare a due anni di reclusione; nel caso infine in cui la diffamazione abbia un pubblico più vasto, è il caso di quella a mezzo stampa o attraverso forum on-line o i social network oppure ancora attraverso sistemi di comunicazione che permettano l’invio di messaggi a più destinatari, il minimo della pena è di 6 mesi fino a tre anni oltre, in ogni caso, alla multa e al risarcimento del danno.

Come si può dimostrare quindi la colpevolezza di chi si sia divertito a parlar male “alle nostre spalle”, gettando discredito sulla nostra persona o sulla nostra attività?

Nel caso di un articolo di giornale o di volantini affissi pubblicamente, la prova è piuttosto semplice e con la consegna di un esemplare al momento della querela per diffamazione già costituisce un buon punto d’avvio delle indagini che saranno ulteriormente aiutate dal diffamato quando immancabilmente gli sarà chiesto se abbia qualche sospetto sul responsabile.

Nel caso di una conversazione a cui il diffamato non sarà stato ovviamente presente (se fosse stato presente, non si parlerebbe di diffamazione ma di ingiuria!) allora quella da fare è una “querela de relato nella quale cioè si dovrà dire il nome della persona da cui si è saputo di essere stati diffamati.

Questo tipo di querela esporrà la persona usata come “fonte” al rischio di essere a sua volta querelata dalla persona da cui dirà essere provenuta la diffamazione per cui è vivamente consigliato di procedere solo dopo essersi accertati di poter dimostrare quanto sostenuto e un buon modo potrebbe essere quello di far rilasciare, a due o più persone che abbiano assistito alla conversazione, una dichiarazione sottoscritta in tal senso.

Una “confessione” raccolta all’insaputa del reo, magari attraverso una registrazione della conversazione non sarebbe del tutto lecita ma potrebbe essere comunque valutata in sede penale.

Nel caso infine di diffamazione on-line, attraverso i social media o strumenti di comunicazione digitale, occorrerà procurarsi uno o due testimoni alla presenza dei quali visualizzare il contenuto diffamatorio, farne una stampa, sulla quale apporranno la loro firma oltre alle annotazioni del caso sulla data, l’autore, l’url e così via.

Molto difficilmente la Procura della Repubblica avvierà una rogatoria internazionale per acquisire, presso un social network straniero o un servizio di messaggistica, la prova che comunque potrà essere già validamente fornita come sopra descritto.

Diffamatori dalla lingua lunga, nulla vi salverà da una querela per diffamazione!