Multa DPCM, quando è opportuno far ricorso

Le misure volte al contenimento dell’emergenza pandemica da Sars Covid-2 succedutesi nel tempo sono raccolte in più Decreti del Presidente del Consiglio che hanno puntualmente accompagnato ai divieti di spostamento diverse cause giustificative che potrebbero giustificare un ricorso contro la cosiddetta “multa DPCM”.

Anzitutto, la sanzione pecuniaria prevista (non trascurabile) parte da un minimo di 400 Euro per arrivare a un massimo di 1.000 Euro, con possibilità di pagamento in misura ridotta del 30% (quindi, saranno dovuti 280 Euro) nel caso di pagamento entro 5 giorni, come già avviene per le contravvenzioni al Codice della Strada ad esempio.

Onestamente, le deroghe accumulatesi nel tempo sono tante e tali per cui risulta difficile ricevere una “multa DPCM” ma, per quanti fossero stati comunque ritenuti colpevoli di aver creato assembramenti, di non aver indossato la mascherina dove richiesta, che abbiano scorrazzato in città nonostante il coprifuoco o si siano addirittura avventurati fuori città o fuori regione, non è esclusa la possibilità di fare ricorso.

“Avverso il verbale sono ammessi scritti o documenti difensivi (entro 30 giorni ai sensi dell’art. 18 l.689/81), direttamente all’organo accertatore, ma in tal caso, ove non accolte le tesi difensive, non si potrà beneficiare dello sconto del 30% né della misura ridotta ma la sanzione sarà determinata tra il minimo ed il massimo della sanzione prevista. Solo avverso l’Ordinanza di potrà presentare ricorso al Giudice di Pace (art.6 D. Lgs. 150/11) entro 30 giorni.”

Estratto da un Verbale di “Multa DPCM”

In realtà, a giudizio di chi scrive, oltre che al Giudice di Pace si potrà fare ricorso al Prefetto, nel medesimo termine di 30 giorni con l’avvertimento però che, a differenza di quanto avviene col Giudice di pace, in questo caso la sanzione andrà dal minimo al massimo previsti nel caso il ricorso sia respinto.

Se quindi si può dimostrare che la violazione del divieto di spostamento è dipesa da una delle scusanti previste (e se si riesce a spiegare perché la circostanza non fosse riportata sull’autocertificazione consegnata all’organo accertatore!) allora è assolutamente il caso di difendersi con un ricorso da una multa DPCM ingiusta.

In ogni altro caso, suggerimento personale è di non fare ricorso salvo sviste eclatanti dell’accertatore, specialmente nel caso della sanzione minima “scontabile” visto che, in ogni caso, si dovranno sostenere delle spese per la presentazione del ricorso (anche se si potrà far da sé senza avvocato) e andranno messe in conto alcune giornate per la scrittura del ricorso e soprattutto per partecipare alle udienze nei mesi/anni a venire.

Inoltre, mi permetto di suggerire di fare molta attenzione a ciò che si dichiara nel modulo dell’autocertificazione e/o all’agente accertatore.

Dichiarare ad esempio di essere affetto da particolari patologie per le quali sia necessario non indossare la mascherina, o la necessità di recarsi in un tal centro di cura/ufficio, o semplicemente di essere diretti al supermercato o in farmacia quando sia evidente che sarebbe stato possibile farlo in prossimità della propria abitazione, può far scattare l’art. 495 del Codice penale.

Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni

Art. 495 Codice penale

Se dopo queste considerazioni si continuasse a ritenere ingiusto il verbale ricevuto, ecco un facsimile di ricorso per violazione del DPCM.


Per approfondimento:

I dati ufficiali sui controlli effettuati