Il diritto all’acqua: riconoscimento costituzionale e sviluppi

L’acqua è una risorsa essenziale per la vita di ogni essere umano, eppure, per molto tempo non è stato riconosciuto universalmente il diritto all’acqua, anzi è stata considerata soprattutto un bene economico. Negli ultimi anni però le cose stanno cambiando.

Già nel 2010 l’Assemblea Generale dell’ONU aveva dichiarato il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari diritto umano universale e fondamentale quando, in Italia, il referendum del 2011 vide la vittoria dei Sì per la ripubblicizzazione della gestione idrica di cui diremo più avanti.

L’inserimento della tutela dell’acqua tra i principi fondamentali della Costituzione ha finalmente avviato un proprio iter quando nel 2022 la Camera ha approvato un disegno di legge di iniziativa popolare per modificare l’articolo 9 della Carta e proteggere così le risorse idriche come bene comune pubblico. Ora si attende il prosieguo al Senato.

Segnali dunque di una nuova consapevolezza secondo la quale l’acqua deve essere un diritto garantito a tutti e protetto da logiche meramente economiche e speculative. Un bene comune inestimabile, la cui gestione va ripensata in chiave sostenibile e partecipata dai cittadini.

Il diritto all’acqua negli altri Paesi

Dopo decenni in cui l’acqua è stata vista soprattutto come business, si fa finalmente strada l’idea che sia un bene comune da proteggere e garantire a tutti. Una conquista di civiltà, per rifondare su basi più eque e sostenibili il rapporto con questa risorsa essenziale alla vita.

In Francia l’acqua è patrimonio comune, in Portogallo e Uruguay è in Costituzione. Così come in Colombia, Sudafrica, Ecuador. Segnali di un cambio di visione globale.

Il referendum sull’acqua pubblica del 2011

Il precedente del Referendum sull’acqua pubblica del giugno 2011 ha rappresentato in Italia una tappa fondamentale nel percorso di affermazione del principio che l’acqua è un bene comune e come tale la sua gestione non può essere privatizzata e subordinata a logiche di profitto.

La consultazione poneva due quesiti agli italiani: se abrogare la norma che imponeva la privatizzazione dei servizi idrici locali e se eliminare la possibilità di rimborso degli utili futuri alle società concessionarie.

Nonostante la scarsa affluenza alle urne, i Sì ottennero un ampio successo con oltre il 95% dei voti. Un risultato che impose di fatto la ripubblicizzazione della gestione idrica, togliendola dal mercato.

Si trattò di una vittoria molto importante delle istanze referendarie e della democrazia diretta, che però ha avuto una concreta applicazione piuttosto parziale e disomogenea sul territorio anche se quel voto ha segnato simbolicamente una svolta culturale nel riconoscere il valore dell’acqua come bene comune.