Il diritto di voto alle donne, dalle origini alle quote rosa

Fu solo nel 1946 quando in Italia fu garantito il diritto di voto alle donne. Fino ad allora, nonostante avessero combattuto accanto agli uomini per anni e avessero di fatto contribuito all’evoluzione della vita politica del Paese, non godevano di alcun elettorato attivo o passivo.

Il vero punto di svolta si ebbe con il Decreto legislativo luogotenenziale nr. 74 del 10 marzo 1946 con il quale, introducendo il suffragio universale, si approdò finalmente al diritto di voto alle donne.

Per comprenderne la portata rivoluzionaria del suffragio è utile ricordare come, in quel periodo storico non così lontano, le donne in Italia fossero prive di capacità giuridica, sottoposte alla tutela da parte del marito, nonché relegate alla cura della casa e dei figli per propria ‘vocazione naturale’.

I pochi e sporadici episodi di anticipazione del diritto di voto alle donne fino ad allora si ebbero solo in Lombardia dove le donne-imprenditrici potevano essere elette e votare anche se per tramite di un tutore, nel Granducato di Toscana e nel Veneto dove potevano votare i rappresentanti a livello locale ma non essere elette, e infine in occasione del plebiscito a Mantova dove, benché raccolte in urne separate, poterono partecipare al voto sull’Unità d’Italia.

Prima che dell’estensione del diritto di voto alle donne potessero dedicarvisi personaggi storici del calibro di Don Sturzo e, più avanti, De Gasperi e Togliatti, una prima attivista di spicco che va sicuramente sicuramente ricordata è Anna Maria Mozzoni le cui battaglie, sul finire dell’800, già invocavano una riforma chiedendo inoltre (…) che le fosse concesso almeno ‘il diritto elettorale’ se non anche la possibilità di essere eletta.

Per il riconoscimento dell’elettorato passivo, cioè appunto la capacità di essere elette, bisognerà aspettare sino a quando Bonomi, con proprio decreto poco prima del Referendum istituzionale monarchia/repubblica del 2 giugno 1946, permetterà alle donne di candidarsi, oltre che di votare, sia alle elezioni amministrative che a quelle politiche.

Solo in tempi recentissimi, l’articolo 51 della Costituzione è stato modificato al fine di esplicitare la garanzia di pari opportunità ai Cittadini dell’uno o dell’altro sesso, affinché possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge da cui nasceranno le cosiddette quote rosa che nascono proprio dalla constatazione della bassa percentuale di donne nel mondo della politica, imponendo una percentuale minima di rappresentanti dell’uno e dell’altro sesso in ciascuna lista elettorale.