Le ragioni che possono portare a voler vivere come coniugi separati con la stessa residenza sono molte e non tutte lecite, dal voler dare continuità apparente al rapporto agli occhi dei figli, al voler sfuggire ai creditori, a ottenere un’attestazione ISEE più bassa, al pagare meno tasse, al fronteggiare difficoltà economiche contingenti.
Per capire se sia possibile vivere, legalmente, sotto lo stesso tetto da coniugi separati con la stessa residenza occorre anzitutto fare un passo indietro e ricordare in cosa consista la separazione.
A differenza del divorzio che determina la risoluzione definitiva del matrimonio, la separazione allenta il vincolo coniugale, esentando entrambi i coniugi dagli obblighi di assistenza morale e materiale assunti sposandosi. Tra cui quello della coabitazione.
Ora, se nel caso della separazione consensuale la volontà di entrambi è pacifica e possono provvedere perfino autonomamente nel caso non vi siano minori da tutelare (si legga al proposito Separazione consensuale in comune: 30 giorni e 16 Euro!) nel caso invece in cui uno dei coniugi non aderisca alla richiesta di separazione dell’altro, quest’ultimo dovrà chiedere la separazione giudiziale regolata nella sua essenza dall’art. 151 del Codice civile che così recita:
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Art. 151 Codice civile, Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi, Separazione giudiziale
E’ detto inequivocabilmente che presupposto per la separazione sia l’intollerabile prosecuzione della convivenza e questa circostanza è la prima ragione che non renderà possibile vivere, lecitamente, come coniugi separati con la stessa residenza.
Una ulteriore conferma viene dal fatto che, secondo le disposizioni vigenti, ogni volta che due persone legate da un vincolo affettivo, da matrimonio, convivenza, filiazione, adozione o tutela convivano nella medesima abitazione, dovranno sempre essere considerati come un nucleo familiare e, quindi, comporranno un unico stato di famiglia.
Ai fini del calcolo ISEE, ad esempio, la separazione formale ma non di fatto non porterà quindi il risultato sperato e nemmeno ai fini della riduzione delle tasse per la deduzione dall’imponibile dovuta per quanto versato a titolo di assegno divorzile.
Infine, anche chi sposato in comunione o separazione dei beni cercasse nella separazione formale di mettere al riparo i propri beni da eventuali creditori, a parere di chi scrive potrebbe vedere i propri sforzi vanificati da un Giudice di fronte alla convivenza di fatto (che si presumeva intollerabile!).
Premesso quindi che, in presenza di figli e di fronte a possibili ristrettezze economiche, la coabitazione possa apparire ‘il minore dei mali’, la legge non contempla concettualmente la coesistenza di una separazione legale e al tempo stesso della residenza nella stessa abitazione.
Unica giustificazione possibile, a parere di chi scrive, potrebbe consistere nel fatto che lo spazio a disposizione dell’uno sia autonomo rispetto a quello a disposizione dell’altro, permettendo quindi un alloggio decoroso senza obbligare i coniugi separati a una effettiva convivenza nei medesimi spazi.
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