Con l’azione di disconoscimento di paternità il Codice civile ha inteso dare al figlio, alla madre e al di lei marito al tempo del concepimento la possibilità di far prevalere la realtà biologica su quella formale che si fonda sulla presunzione di legge secondo cui il marito sia, fino a prova contraria, anche il padre del di lei figlio, nulla dicendo però sul disconoscimento di paternità del padre biologico.
L’articolo 244 de Codice civile, nel prevedere infatti i diversi termini entro cui si possa esercitare l’azione di disconoscimento a seconda che l’iniziativa parta dalla madre, dal marito o dal figlio maggiorenne, ha infatti previsto l’eventualità in cui l’azione sia richiesta dal figlio, minorenne, o per mezzo della madre o per mezzo di un Curatore speciale, nominato dal Giudice dopo aver assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che abbia compiuto i quattordici anni ovvero del Pubblico ministero o dell’altro genitore, quando si tratti di figlio di età inferiore.
Benché quindi il disconoscimento di paternità del padre biologico non sia previsto nel nostro ordinamento, quest’ultimo può chiedere al Pubblico ministero la nomina di un Curatore speciale che promuova l’azione di disconoscimento di paternità nei confronti del ‘padre presunto’ nell’interesse del minore.
In verità, con la Sentenza nr. 8617 del 2017 la Corte Suprema di Cassazione si è già trovata a dover valutare un’azione così congegnata, giungendo alla (discutibile) decisione secondo cui, dal punto di vista dell’interesse del figlio, per il bene dell’interessato la stabilità dei rapporti familiari così come fino ad allora consolidati dovessero prevalere.
Se, da una parte, la legge garantisce quindi la frequentazione del genitore anche più ‘problematico’ (si veda, Il diritto di visita del padre tossicodipendente al figlio) nell’interesse del minore, appare poco comprensibile l’ostacolare dell’emersione della verità, sempre nell’interesse del minore, specialmente in un’epoca in cui le famiglie allargate non fanno certo più scalpore…
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