Il fatto non sussiste, la formula spiegata

La formula ‘il fatto non sussiste’ è una delle conclusioni tipiche con cui il Giudice può pronunciare una sentenza di proscioglimento al termine di un processo penale. Si tratta di un modo per dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale per difetto dell’elemento oggettivo del reato contestato.

Questa espressione viene utilizzata dal Giudice quando, sulla base delle prove acquisite nel corso del dibattimento, non emerge in modo chiaro e univoco l’effettiva esistenza dell’episodio criminoso che è stato addebitato all’imputato con il capo d’imputazione. In sostanza, con ‘il fatto non sussiste’ si nega implicitamente che l’azione o l’omissione attribuita all’imputato si sia davvero verificata, oppure che presenti i connotati necessari a configurarne la rilevanza penale.

A differenza dell’assoluzione ‘per non aver commesso il fatto’ che implica invece l’accertamento positivo della non responsabilità dell’imputato, la formula in esame lascia un margine di incertezza circa lo svolgimento concreto dei fatti, poiché manca la prova certa sia della sussistenza del reato che della sua insussistenza. Proprio per questo dubbio connesso, la sentenza che dichiara che ‘il fatto non sussiste’ ha efficacia di giudicato strettamente connettivo, e impedisce nuovi processi sulla medesima imputazione.

Rispetto all’assoluzione vera e propria, inoltre, con questa espressione non emerge alcun elemento idoneo a stabilire se l’imputato sia responsabile o innocente, dato che le prove acquisite non consentono né di affermare né di escludere con certezza la commissione del reato. Viene quindi a mancare la prova oggettiva dell’esistenza stessa del fatto di reato. Questa formula trova applicazione soprattutto nei casi di false querele o accuse infondate e prive di riscontri concreti.

Potrebbe altrettanto interessare l’articolo: Il risarcimento dopo la assoluzione perché il fatto non sussiste