La Direttiva Insolvency dell’UE introduce importanti novità sulla composizione negoziata della crisi d’impresa permettendo all’imprenditore di dare continuità della propria azienda, risanandola, e preservando così gli interessi di tutte le parti coinvolte, dai lavoratori, alle banche, ai clienti, ai fornitori, al patrimonio d’impresa (e dell’imprenditore) stesso.
Durante il dibattito organizzato da Mazars, gruppo specializzato in servizi professionali di audit, tax e advisory dal titolo: ‘La nuova composizione negoziata della crisi d’impresa. La figura dell’esperto negoziatore e le opportunità per gli imprenditori’ è emerso anzitutto come una tempestiva individuazione degli squilibri economico-finanziari attraverso adeguati assetti organizzativi aziendali, anche preventivi, sia fondamentale affinché quanto previsto dalla Direttiva Insolvency possa dare il miglior contributo alla soluzione della crisi d’impresa.
Della composizione negoziata della crisi d’impresa si è già parlato sulle nostre pagine trattando la legge sul sovraindebitamento aggiornata e, ancora una volta, teniamo a sottolineare come la procedura negoziale prevista di composizione dei diritti e degli interessi coinvolti debba essere attivata non appena l’imprenditore rilevi la mancanza realistica di prospettive di un cambio di tendenza nell’andamento negativo dei propri affari.
A parere strettamente personale di chi scrive, quanto minore l’insoluto, maggiore sarà la disponibilità dei creditori a prestare il proprio consenso al piano predisposto dall’esperto a ciò nominato dall’Organismo preposto e così anche le banche difficilmente rinunceranno alla possibilità di mantenere operativo l’imprenditore/cliente in crisi offrendogli, con una mano, l’aiuto consistente in una piccola rinuncia alle proprie pretese altrimenti oggetto di annosi e costosi contenziosi, e con l’altra continuando a percepire il giusto compenso per le proprie prestazioni.
Detto obbligo di intercettazione immediata della crisi, e dell’attivazione delle procedure necessarie a contenere le conseguenze della crisi d’impresa, è esplicitamente previsto dall’articolo 2086 del Codice civile dove prevede espressamente che: ‘L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale’.
La Direttiva Insolvency, e quanto in essa previsto, vanno visti quindi non come un ‘fallimento’ ma come un momento di riflessione sul proprio modello di business, come un’occasione di rafforzamento della propria struttura organizzativa aziendale e, se non bastasse, come un aiuto concreto nella composizione degli immancabili contenziosi con banche e creditori che bloccherebbero ogni possibilità operativa.
Per l’avvio della procedura è caldamente consigliata l’assistenza di un esperto i cui nominativi sono racchiusi in specifici elenchi predisposti dalle Camere di Commercio (qui, ad esempio, quello della Camera di Commercio di Roma), dagli Ordini dei Dottori Commercialisti (qui l’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento presso l’Ordine dei Commercialisti di Milano), dagli ordini degli Avvocati (qui, ad esempio, l’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento presso l’Ordine degli Avvocati di Milano).
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