Da tempo ormai il dibattito sulla giustizia e il trattamento dei reati si è spostato dal carcere come unica risposta possibile, a favore di misure più umane e riabilitative, valutando sempre più di frequente le misure alternative per reinserire i detenuti nella società attiva.
L’ordinamento italiano comprende al suo interno diverse possibilità di sanzioni alternative alla detenzione, come previsto sin dalla Riforma ordinamentale del 1975 che introdusse diverse circostanze attenuanti e la sospensione condizionale della pena.
In particolare, la Legge nr. 354 del 1975 introduce gli istituti della semilibertà, della libertà controllata, della detenzione domiciliare e l’affidamento in prova al servizio sociale, mentre il Codice penale prevede la sospensione condizionale della pena e la non menzione. Più recentemente, il Decreto legislativo nr. 272 del 1999 ha esteso e potenziato tali misure, in linea con gli standard europei, focalizzandosi maggiormente sugli aspetti trattamentali e rieducativi.
Le misure alternative al carcere per reinserire i detenuti nella società, ove possibile, cercano dunque di coniugare la funzione punitiva con quella riabilitativa, consentendo al condannato di espiare la propria pena fuori dalle mura carcerarie ma sempre sotto il controllo dello Stato. L’obiettivo è quello di reinserirlo nel tessuto sociale ed evitare il rischio di emarginazione e recidiva, che invece è molto più alto per chi sconta la pena in cella.
Gli studi confermano infatti che queste misure sono più efficaci del carcere nel prevenire nuovi reati. Le statistiche parlano chiaro: solo il 15-20% di coloro che usufruiscono di misure alternative del genere viene successivamente condannato, rispetto al 50-70% di chi invece esce dal carcere.
Il reinserimento passa anche attraverso il lavoro e il mantenimento di legami affettivi e sociali, tutti fattori che in cella vengono inevitabilmente meno e che contribuiscono a riportare chi abbia commesso errori durante il proprio percorso di vita di rimettersi ‘sulla strada giusta’.
C’è da dire che, nonostante i benefici evidenti, queste forme di sanzione non vengono però ancora sfruttate a sufficienza nel nostro Paese. È necessario uno sforzo culturale per superare pregiudizi e rieducare l’opinione pubblica, mostrando come le misure alternative siano più umane ed efficaci del carcere, e come il recupero del reo sia un beneficio per tutta la società. Solo così potremo avere un sistema penale realmente riabilitativo e volto al reinserimento, anziché all’emarginazione.
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