Le quote rosa stanno funzionando?

Se chiediamo a dieci persone per strada cosa pensino delle quote rosa, diranno tutti che sono una buona cosa, perfino quei due che in realtà vorrebbero la compagna zitta e muta, a casa a sfornare torte e figli.

Se approfondiamo, e chiediamo perché le quote rosa siano una buona cosa, nove diranno che bisogna dare pari opportunità a uomini e donne, senza discriminazioni, e uno risponderà che solo se c’è equilibrio nel numero di rappresentanti dell’uno e dell’altro genere allora sarà altrettanto equilibrata la tutela delle esigenze di tutti.

La confusione è evidente e, se ti stai chiedendo perché parlo di confusione, mi spiego subito.

L’uguaglianza tra persone di diverso genere non è mai stata in discussione: l’articolo 3 della Costituzione è chiaro: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso… L’articolo 51 approfondisce questo concetto di uguaglianza garantendo a tutti i Cittadini, dell’uno o dell’altro sesso, l’accesso alle cariche degli uffici pubblici e a quelle cariche elettive, in condizioni di eguaglianza e così altrettanto l’art. 117, sempre della Costituzione, obbliga le leggi regionali a promuovere la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive…

Ma allora, se l’uguaglianza sostanziale e di opportunità c’era già, se a nessuna Cittadina è mai stata preclusa la corsa per ricoprire una qualunque carica pubblica, le quote rosa che novità hanno portato?

La novità delle quote rosa sta nel fatto che entrambi i generi devono essere rappresentati in modo paritario nelle liste dei candidati, a monte quindi, non nelle cariche poi assegnate. Altrimenti avremmo dovuto prevedere per legge che il numero dei deputati fosse di 400, di cui 200 di genere maschile e 200 di genere femminile, e che i senatori fossero 200, di cui 100 e 100, con due Presidenti della Camera, del Senato, della Repubblica…

Qualcuno dice che così le donne sono messe sotto tutela come il Panda, che si tratta di una sorta di ghettizzazione, che vengono create delle riserve come per gli Apache; Qualcuna dice invece che così finalmente si esprimeranno i talenti inutilizzati del Paese ma, dopo averle applicate già qualche volta, come è andata?

Mia opinione è che non è certo imponendo l’obbligo ai partiti di comporre le liste con un’alternanza perfetta di generi che più ragazzine si immagineranno Presidente della Repubblica o della Regione o che più mamme o lavoratrici troveranno il tempo e le energie di dedicarsi alla politica…

Quelle poche saranno (diciamo pure, sono spesso) pluri-candidate in più seggi dove del loro genere c’è bisogno, e sottolineo, in modo avvilente per loro stesse, non di loro ma del loro genere. Diluendo per di più i voti dei colleghi di quella circoscrizione, spesso candidati esclusi a monte dalle liste e che diventano quindi loro i discriminati…

Viceversa, è anche vero che grazie a questo obbligo molte capaci, fidate, che per senso di iper-responsabilità (dote rara) sarebbero rimaste un passo indietro lasciando il palcoscenico della politica a chi invece sia più estroverso/a, ha ricevuto dall’obbligo delle quote rosa quella piccola spinta utile a rompere gli indugi.

Photo credit, Adobe Stock license 269563095