Tra gli istituti introdotti di recente nel nostro ordinamento per intervenire nella crisi d’impresa, vi è l’accordo di ristrutturazione dei debiti disciplinato dall’articolo 182 bis della Legge Fallimentare con il quale si può proporre ai creditori un piano di ristrutturazione che miri alla continuità dell’attività, nell’interesse di tutti. Ma di cosa si tratta esattamente e come funziona?
Con questo accordo, l’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può infatti proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti aziendali, con l’indicazione delle modalità e dei tempi di pagamento. L’obiettivo è ottenere uno ‘sconto’ sulle passività e risanare l’impresa, evitando conseguenze più gravi come il fallimento.
Perché l’accordo sia efficace, deve essere raggiunto il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e, se approvato, avrà effetto anche nei confronti dei creditori dissenzienti. Il debitore può chiedere a questo proposito al Tribunale una temporanea sospensione delle azioni esecutive, in modo da facilitare le trattative.
L’accordo di ristrutturazione si distingue dal concordato preventivo perché non prevede l’intervento del Tribunale, a meno che non si renda necessaria la sospensione delle azioni esecutive. Rappresenta quindi uno strumento agile per gestire in autonomia la crisi, trovando un’intesa direttamente con i creditori.
Per una trattazione più completa rimandiamo al nostro articolo Crisi d’impresa: le procedure per evitare il fallimento