Legge elettorale, i tre quesiti referendari

Le tre proposte abrogative tendono alle riforma della legge elettorale del 2005. I primi due quesiti propongono di abrogare il collegamento tra liste e la possibilità di attribuire un premio di maggioranza alle coalizioni di liste; il premio di maggioranza verrebbe quindi attribuito alla lista singola che abbia ottenuto il maggior numero di seggi. Il terzo quesito  propone l’abrogazione delle candidature multiple.  L’articolo e il testo dei tre quesiti su cittadinolex.it

La legge elettorale con cui si vota

E’ in vigore dal 31 dicembre 2005 la riforma della legge elettorale che segna il ritorno al proporzionale e l’abolizione dei collegi uninominali e delle preferenze. Con le nuove regole per la Camera si prevede una rappresentanza proporzionale in ambito nazionale, mentre per il Senato viene rispettato il principio, sancito all’articolo 57 della Costituzione, della sua formazione su base regionale.

Le grandi leggi spiegate dalla A alla Z

Su ilsole24ore.com raccolta dei principali documenti riguardanti questioni normative e tributarie che hanno concluso l’itinerario parlamentare. Ai testi legislativi si accompagna nei casi più complessi una guida alla lettura attraverso un alfabeto che illustra le singole voci del provvedimto (registrazione gratuita).

Opinioni: Una firma necessaria

La raccolta di firme per il referendum sulla legge elettorale si sta avviando alla conclusione, con rischi seri che non venga raggiunto il numero necessario. Complici del mediocre risultato, il silenzio dei media e in particolare della televisione, l?opposizione feroce dei partiti piccoli (tranne, onore al merito, l?Italia dei Valori), e l?astensione di quelli grandi (eccetto Alleanza nazionale), ricattati dai propri partner di coalizione. Esemplificativo in questo senso il comportamento del candidato a leader del Partito democratico, Walter Veltroni, che si ? esibito in uno stupefacente "vorrei tanto, ma non posso", che come indicazione di coraggio politico e scelte chiare non ? proprio il massimo. Ma vale la pena firmare per il referendum oppure si tratta solo di una perdita di tempo, non dissimile dalle numerose altre che il cittadino italiano ha dovuto subire in occasioni simili? In questo caso, ci sono pochi dubbi che la risposta giusta sia la prima. Per due ragioni.

La ragione strumentale

Il motivo principale ? che senza il pungolo del referendum, e dunque della necessit? di modificare l?attuale legge elettorale per evitarlo, ci sono scarse speranze che la classe politica trovi la forza e il consenso necessario per rimettere mano alla materia. Votare di nuovo con la legge elettorale in vigore sarebbe un disastro, come la via crucis del governo Prodi dimostra ampiamente.
Strana storia quella dell?attuale legge elettorale. Approvata con i soli voti della maggioranza di centrodestra sul finire della legislatura precedente, ? ovviamente una legge che induce la frammentazione e prepara la strada per il superamento del bipolarismo; perch? dunque i grandi partiti del centrodestra l?abbiano votata ? difficile da capire. Se volevano far perdere le elezioni al centrosinistra, hanno sbagliato e anzi potrebbero aver ottenuto l?effetto opposto. Se invece volevano impedire al centrosinistra di governare, ci sono riusciti appieno. Il problema ? che l?ingovernabilit? riguarder? anche loro, dovessero vincere le prossime elezioni. A riprova, si osservi che il sistema elettorale attuale non ha pi? padri: con vari distinguo, non c?? nessuno tra quelli che pure l?hanno votato che non ne richieda una riforma urgente e radicale. Per quanto riguarda il centrosinistra, poi, la necessit? di cambiare la legge elettorale ? uno dei primi punti del programma dell?Unione.
Eppure, modificarla sembra impossibile. La ragione, banalmente, ? che ? cambiato lo status quo. L?attuale sistema offre enormi poteri di veto ai partiti marginali, che non vedono perch? debbano rinunciare a cos? comode rendite di posizione. In pi?, trasversalmente, avvantaggia tutte le segreterie di partiti che possono decidere a tavolino, con le liste bloccate e le candidature multiple, chi prender? posto in Parlamento, eliminando i concorrenti pericolosi e premiando i sodali. Riformare la legge richiede necessariamente una qualche riorganizzazione del sistema partitico; riuscirci, accontentando tutti e ventitr? i partiti esistenti, e in particolare gli undici dell?attuale coalizione di governo, ? praticamente impossibile, come mostrano gli sforzi fin qui inutili del ministro Vannino Chiti. ? possibile che la legge elettorale sia comunque non riformabile, o che non lo sia fintantoch? questo governo ? in carica; ma ? certo che non verr? riformata se la minaccia implicita del referendum nei confronti dei partiti pi? piccoli non li indurr? a pi? miti consigli.

La ragione sostanziale

Supponiamo tuttavia che la legge elettorale non venga riformata, che il referendum raggiunga le firme necessarie, venga considerato ammissibile dalla Corte costituzionale, che i cittadini si rechino a votare superando il quorum e che i "s?" prevalgano sui "no" (come si vede, una lunga lista di condizioni). Il sistema elettorale che ne deriverebbe, sarebbe vitale o sarebbe un altro pasticcio all?italiana, capace di rimetterci nei guai il giorno dopo la proclamazione dei risultati? Certo, sarebbe un sistema che nessuno scienziato politico scriverebbe mai a tavolino. Del resto, il referendum pu? essere solo abrogativo di leggi o di articoli di leggi esistenti. Comunque, qualche vantaggio rispetto al sistema attuale l?avrebbe. Intanto, si riporterebbe la soglia dei voti per la rappresentanza in Parlamento a un pi? ragionevole 4 per cento per la Camera e addirittura all?8 per cento al Senato (contro le sei soglie attuali, che si traducono nei fatti in limiti nettamente pi? bassi). Poi, si eliminerebbe lo sconcio delle candidature multiple, che rappresentano davvero una presa in giro degli elettori. Infine, concentrando il premio di maggioranza sulla lista pi? votata, e non sulla coalizione, darebbe un forte impulso alla aggregazione dei partiti.
Certo, c?? il rischio che se i partiti non si aggregano, il premio di maggioranza finisca con il dare un vantaggio spropositato ai pi? grandi: con il 25 per cento dei voti si potrebbe ottenere il 55 per cento dei seggi. E viceversa, se si aggregano, che l?aggregazione sia solo fittizia, conducendo successivamente a una nuova frantumazione. In realt?, questo dipende anche da altri due aspetti: i regolamenti parlamentari, che potrebbero essere in futuro meno condiscendenti verso la formazione dei gruppi, e il sistema di finanziamento dei partiti (pardon, il "rimborso delle spese elettorali"). Il generosissimo rimborso, fino a otto volte superiore alla spesa effettiva, introdotto dalla legge 157/1999 in sostituzione del finanziamento pubblico, prevede infatti che vi possano accedere i partiti che hanno corso alle elezioni.. Non ? chiaro se altrettanto potrebbero fare partiti che si formassero successivamente alle elezioni. La mancanza dei soldi potrebbe dimostrarsi un collante molto convincente.