Divieto di utilizzo di camini e stufe a legna, chi rischia la multa?

Il rincaro del gas ha portato tutti alla ricerca di metodi alternativi di riscaldamento tra cui quelli più tradizionali a biomasse dimenticando però che, oltre a quella energetica, siamo anche in piena crisi climatica e la combustione di legna, pellet, cippato, nocciolino e simili, non essendo l’ideale per l’ambiente visto lo scarso rapporto tra beneficio (calore) offerto ed emissioni, ha innescato il divieto di utilizzo di camini e stufe a legna che ora analizzeremo.

Il divieto di utilizzo di camini e stufe a legna opera a diversi livelli: anzitutto esiste un divieto di natura temporale che impone la prima data di accensione possibile e quella ultima, vi è poi un divieto che interessa l’impianto di riscaldamento usato, un ultimo divieto che riguarda il combustibile impiegato e la consueta serie di deroghe ed esenzioni a macchia di leopardo.

Premesso quindi che ogni regione e ogni comune ha facoltà di definire nel dettaglio il proprio divieto, in linea generale possiamo dire che il divieto di utilizzo di camini e stufe a legna vale di sicuro per quelli meno efficienti come, ad esempio, i camini aperti oppure le stufe ‘bruciatutto’ più vecchie e, in ogni caso, quelle a cui il certificato attribuisca solo una, due o anche tre stellette.

Oltre all’efficienza della combustione misurata in stellette (zero stellette sono attribuibili a un camino aperto nel quale l’85% circa del calore sale per la canna fumaria e si disperde e solo il 15% riscalda effettivamente l’abitazione), la normativa riguarda come anticipato anche il materiale bruciato. Gli impianti fino a 35 kw, ossia pressoché tutti quelli installati nelle singole abitazioni, possono utilizzare solo legna, pellet e simili che siano certificati di categoria A1 secondo la normativa UNI EN ISO 17225-2 e a questo proposito bisogna precisare che, se tutta la legna priva di colle, vernici, materiali alogenati o metalli pesanti può equipararsi di fatto a quella certificata A1, la mancanza di una certificazione che andrebbe esibita nel caso di un controllo potrebbe già giustificare un verbale di contestazione…

Visto quanto sopra, bisogna quindi rassegnarsi a pagare a caro prezzo il gas oppure a trascorrere un freddo inverno anche in casa per non rischiare una multa da 500 a 5.000 Euro? No, a giudizio di chi scrive.

Anzitutto, i divieti visti sopra sarebbero applicabili solo agli impianti superiori a una certa potenza che parte della normativa individua in 10 Kw e altra, più prudente come in Lombardia, in 5 Kw. Ogni singolo impianto, che sia una inserto per camino ventilato, una stufa o una caldaia riporta sul proprio libretto la potenza in Kw e tanto basterebbe per una accensione serena al riparo da multe.

In secondo luogo, varie province (non necessariamente alpine) hanno ottenuto l’esenzione dai divieti per cui sarebbe consigliabile informarsi presso la Polizia locale del capoluogo di provincia se la propria ricada in una di quelle esentate.

Una ulteriore deroga vige per chi abbia installato un impianto non conforme alla classificazione delle stellette sopra vista prima del 17 settembre 2017. Per permettere l’ammortamento del relativo costo, in alcune regioni come in Lombardia, questi potranno essere mantenuti in ogni caso in funzione fino al 2024 non ricadendo nel divieto di utilizzo di camini e stufe a legna.

Infine, a giudizio di chi scrive, il diritto alla salute di specifici soggetti particolarmente fragili come possono essere bambini o anziani non può essere compresso dal divieto di utilizzo di camini e stufe a legna, benché motivato dall’esigenza di combattere l’inquinamento atmosferico a livello globale, specialmente quando il metodo di riscaldamento utilizzato sia l’unico a disposizione.

In ogni caso sarà sempre possibile fare ricorso contro una eventuale multe rientrando tra le procedure di tipo amministrativo come una sanatoria della tettoia abusiva oppure una multa per un semaforo rosso.

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