Ecco perché scappare senza pagare è una pessima idea!

Chi entri in un negozio o un ristorante, ad esempio, sapendo di non potersi permettere di acquistare o consumare alcunché, e dopo essersi servito o fatto servire decidesse di scappare senza pagare, commetterebbe generalmente il reato di insolvenza fraudolenta.

L’insolvenza fraudolenta è disciplinata dall’articolo 641 del Codice Penale, che recita:

“Chiunque, avendo debiti e con mezzi insufficienti per soddisfarli, sottrae, disperde, occulta o deteriora i propri beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, espone o riconosce passività inesistenti, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 50 a 10.000 euro.”

Quindi il reato scatta nei confronti di chi abbia dei debiti (dopo essersi appropriato della merce del negozio, o dopo aver consumato il pasto al ristorante) e sia insolvente (cioè non sia in grado di pagare quanto dovuto), metta in atto comportamenti volti a sottrarsi fraudolentemente all’adempimento delle proprie obbligazioni (concretamente, lo scappare senza pagare).

In questi casi, se il soggetto viene denunciato dal creditore, scatta il reato di insolvenza fraudolenta, punibile con la reclusione fino a 2 anni e una multa fino a 10.000 euro.

Che differenza c’è tra l’insolvenza fraudolenta e il taccheggio?

La domanda è più che lecita essendo situazioni non facili da distinguere a prima vista ma, a uno studio più attento, sono moltissimi gli elementi che differenziano le due fattispecie.

In estrema sintesi, mentre l’insolvenza fraudolenta riguarda il debitore che occulta i propri beni (o i beni che ha fatto diventare propri consumandoli o impossessandosene), il taccheggio è impersonale e consiste nell’impossessamento illecito di merce altrui. Sono reati diversi per soggetti, condotte, tempistiche e pene:

  • SOGGETTO: l’insolvenza fraudolenta può essere commessa solo dal debitore insolvente per sottrarsi al pagamento dei propri debiti. Il taccheggio può essere compiuto da chiunque;
  • OGGETTO: l’insolvenza fraudolenta riguarda i beni del debitore stesso. Il taccheggio concerne invece beni altrui, di un esercizio commerciale;
  • MODALITÀ: l’insolvenza fraudolenta si concretizza con condotte volte ad occultare/distruggere i propri beni. Il taccheggio avviene trafugando la merce esposta in vendita;
  • MOMENTO: l’insolvenza fraudolenta presuppone un debito preesistente che il soggetto intende eludere. Il taccheggio avviene prima, asportando beni senza corrispettivo;
  • PENA PREVISTA: per l’insolvenza fraudolenta è la reclusione fino a 2 anni e multa fino a 10.000€. Per il taccheggio è prevista solo una sanzione amministrativa pecuniaria, salvo che non si configuri un furto.

In cosa consiste il furto secondo il Codice penale?

In sintesi possiamo dire che il furto consiste nel prendere un bene materiale altrui, a chi lo possiede legittimamente, per trarne un illecito profitto, ed è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 154 a 516 euro.

Il furto è disciplinato dall’articolo 624 del codice penale italiano, che recita:

“Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 154 euro a 516 euro.”

Quindi per furto si intende l’impossessamento di una cosa mobile altrui, sottraendola al legittimo possessore, nel fine di trarne un ingiusto profitto.

Gli elementi costitutivi del reato di furto sono:

  • L’IMPOSSESSAMENTO: deve avvenire una sottrazione materiale della cosa mobile altrui.
  • La COSA MOBILE: l’oggetto del furto deve essere un bene materiale, non l’appropriazione di idee o informazioni ad esempio.
  • L’ALTRUITA’: la cosa sottratta deve appartenere ad altri, non al soggetto agente.
  • La SOTTRAZIONE: il bene deve essere sottratto alla sfera di custodia del legittimo possessore.
  • Il FINE DEL PROFITTO: il fine dell’autore deve essere quello di trarre un ingiusto vantaggio per sé o altri dall’impossessamento.

Come ha influito la Riforma Cartabia sui reati di taccheggio, furto e insolvenza

La riforma Cartabia ha puntato a depenalizzare le condotte di minore gravità, riservando le conseguenze penali ai casi più seri, secondo un principio di proporzionalità della pena.

Per quanto riguarda il taccheggio, prima configurato sempre come reato, ora è stato depenalizzato nei casi di “speciale tenuità”. Ciò significa che se il giudice ritiene l’azione di taccheggio di particolare tenuità, perché ad esempio si è impossessato di un bene di modico valore, può derubricare il fatto a illecito amministrativo, con solo una sanzione pecuniaria. Una novità importante per evitare conseguenze penali eccessive.

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Relativamente al furto, la riforma ha elevato la soglia di “modico valore” del bene rubato, che esclude la procedibilità d’ufficio e richiede la querela di parte, da 400 a 1000 euro. Inoltre anche per il furto è stato introdotto il regime di procedibilità a querela per i casi di “particolare tenuità”. Questo per evitare di perseguire penalmente fatti di gravità marginale.

Infine sull’insolvenza fraudolenta è stata aumentata la soglia di punibilità a 1 milione di euro di debiti. Inoltre la riforma richiede sia stato leso l’interesse del creditore alla soddisfazione del credito, escludendo così le condotte che non abbiano effettivamente pregiudicato le ragioni del soggetto creditore. Anche qui l’intento è stato quello di depenalizzare le situazioni meno gravi.