Tre premesse, necessarie al perché sono contrario al patentino per condurre un cane.
La prima. In pochi giorni si sono susseguite notizie di aggressione da parte di cani in danno di bambini.
La seconda. L’imposizione del patentino per condurre un cane, solitamente per la conduzione di cani ritenuti impegnativi, è normalmente contenuta nei regolamenti comunali di tutela animali.
La terza. I regolamenti comunali scontano il limite di una normativa non poche volte simbolica.
Mi soffermo sul Regolamento per il benessere e la tutela degli animali che conosco, quello milanese. All’articolo 8 comma 2 (Pdf) si legge che ‘Chiunque acquisisce la proprietà di un cane appartenente alle razze di cui all’Allegato 2 o ne è il conduttore è tenuto a conseguire il Patentino Speciale rilasciato dall’ATS‘.
La norma non mi ha mai convinto e provo a spiegare perché.
La terminologia. La patente è una ‘autorizzazione amministrativa a esercitare una determinata attività, rilasciata dall’autorità amministrativa’. Ora, si storce il naso quando si usa l’espressione ‘proprietario’, riferito ad un cane. Ci si rammarica, e non poco, che la riforma costituzionale abbia taciuto (perché ha taciuto) sulla tanto auspicata modifica della qualificazione giuridica degli animali da cose a soggetti.
Ergo, con riferimento alla conduzione o rapporto con il cane l’espressione patente è spregevole. Nel linguaggio giuridico l’utilizzo delle parole non è secondario.
Venendo a profili più concreti, la prima aporia che intravedo è nella formulazione della norma dal momento che il patentino è legato alla proprietà del cane o alla sua conduzione. Si tenga presente che nella stesura presentata al Consiglio non si prevedeva come soggetto obbligato il conduttore e di tanto chi scrive ebbe a formalizzare personale dissenso in sede di commissione, quando venne resa pubblica la bozza del regolamento.
Fu eccepito che legare il conseguimento del patentino per condurre un cane alla proprietà del cane stesso quale risultante dall’anagrafe canina (unico parametro legale, peraltro contestabile e inveritiero) era una follia.
Per ipotesi, non rara né remota, colui che è proprietario potrebbe trovarsi nella condizione di mai
condurre il proprio cane (si pensi l’ipotesi di un cane la cui proprietà è riferita ad una persona che per motivi di lavoro trascorre la maggior parte del proprio tempo all’estero, lontano dalla famiglia). Che senso avrebbe avrebbe avuto il patentino?
La correzione però, sempre a mio personalissimo parere, crea più danni della formulazione originaria. Avere introdotto anche l’obbligo in capo al conduttore crea solo confusione e incertezza. Chi è il conduttore? Chiunque in un certo momento della giornata porta a passeggio il cane? Quindi anche un amico del proprietario? Un dog sitter? Un parente? Ma l’obbligo è alternativo? Rimane comunque sempre un obbligo di conseguimento in capo al proprietario?
Non si vede coerenza con quanto dispone l’art. 2052 del Codice civile che disciplina quella che rimane la questione più importante di tutte e cioè la responsabilità per danni cagionati da animali. Di cui poco si sa.
Seconda aporia. E’ oggettivamente difficile affermare, sostenere e dimostrare che esiste una razza di cane più pericolosa di un’altra o che comunque possa definirsi pericolosa. Non esistono cani buoni e cani cattivi. Ci sono invece cani male condotti che hanno però, rispetto ad altri, una dimensione della
mandibola che può fare la differenza.
Non vi è dubbio che alcuni cani (non uso volutamente l’espressione razza perché ci sono anche gli incroci) manifestino una aggressività (che è peraltro caratteristica di ogni animale) più marcata di altri.
Proviamo allora a guardare fuori dalle nostre finestre. Ci rendiamo immediatamente conto da quanta ignoranza e maleducazione sia pervasa l’aria delle nostre città. Tutti amanti degli animali. Così tanto che sono bellamente indifferenti al dolore che possono provocare ad altri animali e ad altre persone per il solo fatto di essere ignoranti. Troppe volte accade e non è tollerabile. Lo sanno bene gli amici medici veterinari che devono intervenire, quando è ancora possibile, per scongiurare conseguenze
irreversibili in danno dell’animale aggredito.
Non ritengo inutile trasferire sull’essere umano quelle necessarie conoscenze di etologia e benessere animale unite a corrette modalità di conduzione di un cane.
Ritengo inutile la soluzione del patentino. Una norma difficilmente metabolizzabile dalla collettività e probabilmente eludibile. Con l’aggravante di possedere un effetto potenzialmente ‘criminogeno’, tipico di
ogni norma che non viene applicata.
Ritengo, ma probabilmente sbaglio e sono disponibile al confronto, che sia necessaria prima di ogni altra norma una efficace politica di educazione e informazione al cittadino perché sia resa possibile una autentica ed efficace coabitazione tra animali e cittadini. Che non può limitarsi a ricorsive stagionali campagne anti-abbandono o incentivanti adozioni.
La scelta di vivere un tratto della nostra vita con un cane è una e importante, consapevole, definitiva. Non suggerita dal medico e dunque anche evitabile, per tanti. Come ricordavano Ale e Franz in una pubblicità, il cane – a differenza del latte – non scade mai.
Occorrerà, credo, percorrere una strada assai diversa da quella del patentino per i cani c.d. pericolosi. I numeri, peraltro, sono impietosi dal momento che pare che ad oggi a Milano su 6000 proprietari di cani ‘patentabili’ solo 400 sono stati virtuosi. Perché?
A cura dell’avv. Filippo Portoghese
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