Utero in affitto è Scelta d’amore o business?

La maternità surrogata, nota anche come ‘utero in affitto’, è una pratica che solleva numerose questioni bioetiche e giuridiche consistendo nel fatto che una donna si sottoponga a una procedura di fecondazione artificiale, e si impegni a portare avanti la gravidanza per conto di altri, per poi consegnare loro il bambino alla nascita, legittimando quindi il dilemma se l’utero in affitto è scelta d’amore o business per donne disperate.

I sostenitori della surrogazione di maternità la definiscono senza esitazione una libera scelta d’amore, un grande gesto di solidarietà di una donna verso una coppia che non può avere figli mentre i contrari invece la considerano una forma di sfruttamento commerciale del corpo femminile e dei bambini, paragonabile alla compravendita di esseri umani.

In Italia la pratica dell’utero in affitto è vietata dalla Legge nr. 40 del 2004, che vieta ‘ogni forma di surrogazione di maternità’ e ‘la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità’ (art. 12). Anche il Codice Civile all’articolo 269 vieta espressamente la maternità surrogata, stabilendo la nullità del riconoscimento del figlio da parte di chi abbia fatto ricorso alla pratica.

Nonostante i divieti, però, molte coppie italiane si rivolgono all’estero, in particolare in alcuni Paesi dell’Est Europa, in Spagna o negli USA dove è lecito ricorrere alla maternità surrogata, per avvalersi di questa pratica. Al rientro in Italia, tuttavia, sorgono complicazioni legali per il riconoscimento del bambino.

Il dibattito sulla maternità surrogata è dunque aperto. Se l’utero in affitto è Scelta d’amore o business, se sia una libera scelta d’amore verso coppie sofferenti o celi logiche commerciali e di sfruttamento andrebbe valutato caso per caso e, soprattutto, Paese per Paese essendo il contesto socio-economico molto rilevante.

Negli Stati Uniti, uno studio del 2018 ha rilevato infatti che il 72% delle surrogate dichiarava di aver scelto questa strada principalmente per aiutare coppie senza figli, mentre solo il 16% indicava motivazioni economiche ma al contrario, in Ucraina, una delle mete più gettonate per la surrogacy, si stima che il 90% delle donne che si offrono come surrogate provenga da contesti di estrema povertà e disagio economico e quindi la spinta sembra essere prevalentemente il compenso, che può arrivare anche a 20.000 Euro.

A parere di chi scrive, la policy italiana andrebbe sicuramente ripensata, magari introducendo dei controlli, in ragione dello specifico contesto.

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