Cosa succede se la richiesta di pensione di accompagnamento viene respinta?

Capita più spesso di quanto si immagini che la domanda per ottenere la pensione di accompagnamento presentata all’INPS venga respinta, non riconoscendo lo stato di non autosufficienza del richiedente. Ma cosa succede se la richiesta di pensione di accompagnamento viene respinta? Non bisogna assolutamente arrendersi…

Infatti, la legge consente di contestare la decisione dell’Istituto e di chiedere che il caso venga nuovamente esaminato. Entro 6 (sei) mesi dal diniego è possibile presentare ricorso direttamente all’INPS, producendo ulteriore documentazione medica a supporto.

Qualora anche questo primo grado di giudizio interno all’Istituto dovesse concludersi con un rigetto, si aprono le porte del giudizio vero e proprio davanti al Tribunale del lavoro. In questo caso c’è un anno di tempo per adire le vie legali.

Di fronte al Giudice, bisognerà dimostrare in modo ancor più approfondito lo stato di invalidità al 100% e la condizione di non autosufficienza della persona assistita. Se la tesi verrà accolta, allora l’INPS dovrà corrispondere gli arretrati a partire dalla prima domanda.

Qualora si ritengano inadeguatamente valutate le proprie condizioni, non bisogna demordere ma è consigliabile cercare di far rivedere il caso ricorrendo ai gradi di giudizio previsti dalla legge, possibilmente richiedendo un parere legale in merito.

Fanno parte dell’approfondimento sulla pensione di accompagnamento i nostri articoli: A quanto ammonta la pensione di accompagnamento? e Posso richiedere la pensione di accompagnamento per un familiare anziano? e Cosa succede se la richiesta di pensione di accompagnamento viene respinta?